Distretto 77. Intervento del Governatore a Reggio Calabria

Reggio Calabria 10.11.2023

Eccellenza Reverendissima Mons. Morrone,

Caro Presidente Nazionale Serra Italia, Giuliano Faralli

Caro Oreste Presidente Serra Club Reggio Calabria,

Amici ed Amiche tutti

E un onore ed un piacere essere qui con voi in questo giorno così importante nella vita di questo Club, oggi arrivato al traguardo di venti anni dalla sua incorporazione.

Ringrazio il caro Oreste di avermi dato questa opportunità di potere qui rassegnare qualche riflessione che non riguarda direttamente l’evento in se stesso e la grande mole di ricordi che in venti anni si possono accumulare,  a questo ci hanno pensato e ci penseranno altri anche con altri mezzi.

Mi voglio soffermare invece su alcuni aspetti dell’essere serrano,  e sul come  il Club e ciascuno di noi dovrebbe porsi nei confronti degli altri.

Sarebbe auspicabile, ed anzi opportuno e consigliabile, che i services che si vorranno e si potranno realizzare, si tenessero non solo in ambienti quasi riservati a pochi, ma aperti alla società civile, aperti cioè al mondo dove ciascuno di noi opera e dove possiamo e dobbiamo dare prova ed essere esempio di una vita chiamata alla vocazione di essere “cristiani”.

Fare sì insomma che le nostre iniziative possano svolgersi non solamente o quasi, nella sede del   Seminario (luogo importantissimo e significativo anche questo), ma anche in altri ambienti (laici, scolastici, parrocchiali) ove potere confrontare il nostro modo di essere con la vita e la mentalità corrente, senza paura del confronto. 

La pazienza cristiana e lo spirito di fratellanza ci impongono di avere rispetto delle idee degli altri,  di metterci in atteggiamento di ascolto, ma ciò non significa che per essere accettati e ben visti  dobbiamo omologarci ed appiattirci  a quanto il mondo laico possa esprimere, non dobbiamo e non possiamo starcene zitti per  un quieto vivere quando si mettono in discussione i nostri credi,  non possiamo   accettare che ci venga proibito o impedito di potere essere di avviso diverso al loro,  di esprimere ed affermare i nostri principi etici, sociali e cristiani.

Dovremo però fare molto attenzione a non far prevalere la logica dell’apparire e della supponenza ma  incarnare la logica dell’essere.

L’apparire è dell’uomo fariseo, dell’uomo vanitoso ed opportunista, dell’uomo vuoto.

L’essere  invece è quello dell’uomo che agisce bene, che vive nella saggezza, che si spende per il prossimo, che sta vicino a chi soffre. Vicino ed al fianco ai deboli, vicino agli ammalati, alle persone indifese, è dell’uomo che vive in carità.  Questi valori e questi modi di vivere devono costituire l’essenza di ogni cristiano.

Ciascuno di noi è chiamato ad essere cristiano nel proprio ambito familiare, nel proprio ambito di lavoro, nel proprio campo sociale, in ogni rapporto che ci metta in relazione con gli altri.  Da come ci comportiamo e da come ci confrontiamo con gli altri, potremo dimostrare di essere cristiani, e quindi serrani.

Sentire questa chiamata, viverla, manifestarla ed esplicitarla è quanto ci richiama ancor più l’essere Serrano,  è quello che ci impone il fare parte del Corpo Mistico di Cristo, di fare parte della Chiesa.

In questo senso tutti, laici, presbiteri e consacrati, ciascuno con i propri compiti e le proprie funzioni, in forza del battesimo siamo chiamati a dare corpo alla vocazione di Gesù Cristo per mezzo dello Spirito Santo, facenti tutti parte dello stesso Corpo Mistico.  

E’ fondamentale essere, volere, impegnarsi, cercare di arrivare all’obiettivo, con la consapevolezza di avere operato al meglio e ciò sarà fonte di serenità  e nel nostro operare avere cieca fiducia nella Provvidenza.

Non dobbiamo avvilirci se le cose non vanno per il giusto verso, non dobbiamo essere negativi, ma dobbiamo crederci, avere entusiasmo; facciamo la nostra parte, mettiamo il nostro impegno , per il resto una particina facciamola fare  alla Divina Provvidenza.

Dobbiamo agire comunque, agire con umiltà,  agire insieme, senza supponenza e senza presunzione, chi può dare di più lo dia, chi può fare di più lo faccia, supplisca alle mancanze e deficienze dell’altro,  si compenetri nelle difficoltà dell’altro e lo sorregga ; è meglio agire e sbagliare che non agire per paura di sbagliare.

Dobbiamo essere cauti nella critica e generosi nella lode, dobbiamo essere in grado di ascoltare e condividere ed apprezzare anche le idee degli altri se possono essere utili e più idonee al raggiungimento dei nostri fini serrani;.

Ricordiamoci che nessuno di noi è indispensabile, ma tutti possiamo essere utili ed agendo insieme ed in umiltà, più numerosi e più positivi potranno essere i risultati.

Ogni idea ed ogni atteggiamento dovrebbe partire dalla riflessione che tutto è permesso tranne quello che è espressamente proibito.

Laddove la norma nulla dice si può lecitamente operare ed intervenire. Dobbiamo mirare a mantenere, non a distruggere. 

Il linguaggio si evolve, ma il suo contenuto di amore, di carità, di misericordia, è  sempre lo stesso e trova la sua fonte nel Vangelo.

Non si può e non si deve tergiversare sui principi della fede, della speranza e della carità  ma il linguaggio nella comunicazione di detti principi varia in ogni campo espressivo dell’uomo, ed assume anche le modalità tempo per tempo più comprensibili all’uomo e realizzati dall’uomo. 

Poniamoci gli interrogativi indicti da Papa Francesco: ” chi sono io per giudicare? Chi sono io per potere dispensare quantità e modalità della misericordia di Dio?”

Se dovessimo attenerci alla legge, alle norme, ai regolamenti  ed  alla loro formale lettura, certamente non avremmo la figura della  adultera, nè la figura del Buon Samaritano.

Vi chiedo scusa se quanto detto può apparire fuori tema, ma nasce dallo spirito di fraterna amicizia che ci lega come Serrani e nel credere che si può fare tanto, solo se lo volessimo veramente, senza pregiudizi e senza paura. 

Se confidiamo nella Divina Provvidenza, e ci comportiamo con purezza di spirito, il Signore che è nostro Padre, farà, anzi “dovrà” fare, la sua parte; un padre non abbandona il proprio figlio, Lui è lì in attesa di un nostro segno, non aspetta altro se non che lo invochiamo, che ci apriamo alla richiesta del suo aiuto, sarà felice di potere entrare in noi ed agire con noi e per noi. Del resto ci ha insegnato che bisogna pregare, pregare e poi pregare ancora, finchè vi sarà concesso quanto richiesto.

Un fraterno serrano abbraccio a  tutti.                                                                                   

Gaetano Cammarata