Il Centro di accoglienza migranti della Diocesi di Oppido Mamertina – Palmi

La Caritas Diocesana: Vie nuove di speranza per Accogliere, Proteggere e promuovere, Integrare. Verso un noi sempre più grande

 In quest’anno pastorale, la Caritas Diocesana ha preso come punti di riferimento per programmare le sue attività a favore dei poveri del nostro territorio diocesano, che corrisponde alla Piana del Tauro con 33 Comuni e con oltre 160.000 abitanti, alcuni eventi, a partire dal 50° Anniversario di Caritas Italiana e dall’incontro con Papa Francesco di tutti gli animatori e operatori Caritas Diocesane d’Italia a Roma, il 2 luglio scorso. Durante l’incontro, il Santo Padre ha chiesto di percorrere con gioia tre vie: “partire dagli ultimi, custodire lo stile del Vangelo e sviluppare la creatività”.

Inoltre, il 14 novembre scorso, a San Ferdinando la Caritas diocesana con le Caritas parrocchiali ha celebrato la quinta Giornata mondiale dei poveri, dal tema I poveri li avete sempre con voi. Il nostro Vescovo Mons. Francesco Milito, durante la celebrazione Eucaristica, ha chiamato San Ferdinando “Città della Carità”.

Ancora, la 107.ma Giornata mondiale del Migrante e del Rifugiato, con il suo tema Verso un Noi sempre più grande, è stata celebrata dalla Caritas Diocesana con la proposta e promozione del Progetto “APRI”, acronimo dei quattro verbi di Papa Francesco riferiti ai migranti: “Accogliere, PRoteggere e promuovere, Integrare”.

Infine, il Sinodo Diocesano che stiamo celebrando, per “camminare nella verità, che è Cristo, come impegno ineludibile se non si vuole brancolare nel buio e cadere in un vuoto esistenziale”, come ci ha invitati a fare il nostro vescovo Mons. Francesco Milito, per “studiare il nostro tempo, leggere il nostro territorio con occhi aperti e sguardo in avanti, ritrovare unità di azione”, perché camminando insieme, “si potrà imparare quali processi possono aiutarci a vivere la comunione, a realizzare la partecipazione e ad aprirsi alla missione”.

Tra i poveri della nostra diocesi ci sono, certamente, anche i migranti che provengono dall’Africa e sono sbarcati sulle nostre coste, la maggior parte di loro con i barconi a perdere, senza nulla addosso, se non i pochi vestiti pure logori.

Incoraggiati dal nostro Vescovo Mons. Francesco Milito e dal Santo Padre Papa Francesco che, continuamente, invitano ogni comunità a “creare, con i migranti, tanti momenti di incontro e di amicizia, di solidarietà e di aiuto concreto”, perché la povertà non è un’entità astratta, ma “ha il volto di donne, di uomini e di bambini sfruttati per vili interessi, calpestati dalle logiche perverse del potere e del denaro”. Davanti a questi scenari, come Caritas Diocesana di Oppido Mamertina – Palmi, abbiamo cercato di non restare inerti e rassegnati, ma abbiamo cercato di “rispondere con una nuova visione della vita e della società”.

Abbiamo cercato di tendere la mano e di aiutare, con tutte le nostre forze, le persone che soffrono, i poveri, i fragili, e tra questi i Migranti e i rifugiati, senza escludere nessuno.

Con la speranza che tutte le iniziative e le attenzioni verso i poveri e i migranti  “possano radicarsi sempre più  nella nostra Chiesa locale” e, anche attraverso il Sinodo Diocesano che stiamo celebrando, “possa aprirsi a un movimento di evangelizzazione che incontri in prima istanza i poveri là dove si trovano perché non possiamo attendere che bussino alla nostra porta, è urgente che li raggiungiamo nelle loro case, negli ospedali e nelle residenze di assistenza, per le  strade e negli  angoli  bui  dove  a  volte si  nascondono, nei  centri  di  rifugio  e  di accoglienza, nella Tendopoli di San Ferdinando, nel Campo Container di Rosarno, nel campo immigrati di Russo di Taurianova e in tutti gli altri sperduti e diroccati casolari delle campagne della Piana, perché è importante capire come si sentono, cosa provano e quali desideri hanno  nel  cuore”.  “Essi hanno molto da insegnarci, poiché, oltre a partecipare del sensus fidei, con le proprie sofferenze conoscono il Cristo sofferente”.

Il Centro di accoglienza

Il Centro di accoglienza migranti della nostra Diocesi più conosciuto è certamente la tendopoli/baraccopoli di San Ferdinando, sita nella stessa 2^ Zona Industriale del Porto di Gioia Tauro che, nel mese di marzo 2019, ha sostituito l’altra vecchia tendopoli/baraccopoli, ghetto di San Ferdinando, dove per anni hanno trovato riparo i braccianti africani immigrati.

Frutto di un’azione sinergica tra Regione Calabria, Prefettura e Provincia di Reggio Calabria, Protezione civile regionale, Croce rossa, Caritas Diocesana di Oppido-Palmi e le amministrazioni comunali di San Ferdinando e Rosarno, la nuova tendopoli doveva essere una soluzione temporanea, in attesa di soluzioni più stabili, per assicurare ai migranti dignità e condizioni di accoglienza ed ospitalità decorose in un contesto di massima trasparenza e legalità, nel quadro di un più vasto progetto di integrazione condiviso dalle comunità locali e gestito in sinergia con l’associazionismo locale. Tutto questo purtroppo è stato realizzato solo in parte e da soluzione temporanea, la tendopoli è diventata soluzione stabile.

Attualmente nella tendopoli ci sono 76 tende, ormai logore e oltre cento baracche costruite negli ultimi mesi, quando la tendopoli è rimasta incustodita.

I braccianti africani che vi risiedono vengono dal Mali, dal Ghana, dal Gambia, dal Senegal, dalla Costa d’Avorio, dalla Nigeria, dal Niger, dal Burkina Faso e dalla Liberia.

Nella tendopoli ci sono 3 container con 4 bagni ciascuno e 5 container con 2 bagni e 2 docce ciascuno.

Ci sono due container donati, temporaneamente, alla Caritas Diocesana dal Comune di San Ferdinando, che sono adibiti a Centro di Ascolto Caritas e a deposito derrate alimentari della Caritas, ed anche vestiario e coperte.

C’è anche una tenda che funge da moschea con tre Imam che si alternano durante i momenti di preghiera.

Intorno alla tendopoli operano giorno e notte, h 24, le Forze dell’Ordine, con a turno i Carabinieri, la Polizia e la Guardia di Finanza.

La tendopoli, che è stata installata per 400 persone, fin dal primo momento ha mostrato molte criticità che non sono state mai risolte definitivamente a causa dei mancati finanziamenti da parte delle autorità competenti.

La prima criticità è la corrente elettrica che, soprattutto in inverno funziona malissimo per il sovraccarico inevitabile per riscaldarsi, cucinare e illuminare le tende. Per poter cucinare e per riscaldarsi, inoltre, i migranti collegano abusivamente molti fili elettrici volanti che, per il cattivo funzionamento, diventano un pericolo reale per ognuno. Nei giorni scorsi, un incendio dovuto al sovraccarico dei collegamenti abusivi ha distrutto completamente il quadro elettrico generale e adesso la tendopoli è completamente al buio.

La seconda sono i servizi igienici che sono insufficienti, comprese le docce, dove l’acqua calda, a causa delle continue interruzioni della corrente elettrica, non c’è quasi mai.

Inoltre i servizi igienici, a causa della scarsissima manutenzione e pulizia, sono continuamente sporchi e mal funzionanti con perdite di acque reflue e di liquami di fognatura maleodoranti che si sono sparse sotto i container dove hanno formato pozzanghere e poi tutto intorno ai container.

La terza criticità sono le tende che dopo un anno e mezzo già mostrano tutto il loro deterioramento, con strappi e squarci evidenti, dovuti al loro consumo, che provocano infiltrazione di acqua piovana e freddo.

La quarta criticità è l’acqua corrente che spesso viene meno, per vari motivi, soprattutto per manutenzione della condotta, anche per più di una giornata.

La quinta criticità è la spazzatura e lo smaltimento di rifiuti speciali, come la tela delle tende, che rimangono in mezzo al campo per settimane prima che la Ditta che ha l’appalto provveda per il ritiro.

Ogni intervento di manutenzione sia alla corrente elettrica, sia ai servizi igienici e alla fognatura, diventa spesso un problema insormontabile e passano tanti giorni prima che venga risolto, ma mai definitivamente.

Con l’inverno tutte queste criticità si sono moltiplicate, come è già successo l’inverno scorso.

Oltre alla tendopoli di San Ferdinando, in moltissimi altri luoghi del circondario, da moltissimi anni, ci sono altri insediamenti nei casolari, anche diroccati, delle campagne della località Marotta di Drosi dei Rizziconi, della località Olmolongo di Rizziconi, nella località collina tra Rizziconi e Rosarno, nella località Russo nel Comune di Taurianova dove c’è la comunità più numerosa con oltre 150 arrivi ogni anno e almeno 30 residenti stabili.

In questi luoghi i migranti si sono sistemati in condizioni di grande precarietà senza luce elettrica, senza acqua corrente e senza servizi igienici e vivono quasi da invisibili. A loro ci pensa ad aiutarli solo la Caritas e il Sindacato CGIL con la Segretaria Generale della Piana di Gioia Tauro che sta spendendo gran parte della sua vita per aiutare i migranti della Piana. Purtroppo per tutti loro non c’è lavoro sufficiente e quindi si trovano a passare tantissimo tempo senza lavorare, quindi senza guadagnare niente, e si trovano nella povertà più grande.

Le condizioni dei migranti, purtroppo, in questi anni non sono molto migliorate e, anche se c’è stato un aumento dei contratti agrari registrati per i bracciati africani, che è sicuramente una cosa buona, dovuta soprattutto al lavoro fatto dalle forze dell’Ordine specialmente dopo la legge regionale del 2016 contro il lavoro nero, lo sfruttamento e il caporalato in agricoltura, abbiamo ancora casi di assunzioni per un mese ma con versamento di contributi per una settimana o addirittura per tre o quattro giorni. La retribuzione agli immigrati è di 30/35 euro al giorno per 8 ore di lavoro, oppure a cottimo le aziende pagano i braccianti un euro e cinquanta a cassetta per i mandarini e un euro a cassetta per le arance. A queste cifre, spesso, bisogna sottrarre il “pizzo” dovuto ai caporali che va da 3 a 5 euro per il trasporto con i furgoni fino al posto di lavoro, andata e ritorno.

Tutto questo comporta che nemmeno un terzo dei braccianti immigrati africani che lavorano nella Piana di Gioia Tauro ha un contratto, e tutti vivono nell’incertezza del futuro e, soprattutto, con il problema che senza contratto di lavoro non potranno rinnovare il permesso di soggiorno, non potranno trovare una casa in affitto, non potranno avere una residenza.

E tutto questo porta pure il deteriorarsi delle condizioni psico-fisiche dei migranti che, ultimamente più spesso, hanno mostrato problemi psicologici e di salute, legati certamente alle condizioni di vita, alla stagione fredda, alla mancanza di riscaldamento.

In questi anni la Caritas è sempre stata presente in queste periferie geografiche ed esistenziali come segno di presenza della Chiesa, sia nell’emergenza che purtroppo spesso è diventata sistema, che nella normalità, cercando di instaurare un buon dialogo con i migranti con i quali ha costruito un ottimo rapporto di fiducia e di amicizia, facendo cadere i muri della paura, della diffidenza e dell’incomprensione. La Caritas, inoltre, in questi anni ha cercato di dialogare con le istituzioni pubbliche e private coinvolte, a diverso titolo, nella situazione immigrati e, in particolare, con la Prefettura, la Questura e il Comune di San Ferdinando e le altre amministrazioni dei comuni della Piana interessati al fenomeno dei migranti. La Caritas, per ognuno di loro, è stata interlocutrice principale in ogni occasione. È stata una interlocutrice soprattutto nei scorsi mesi tra luglio e settembre quando, dopo che il Vescovo sollecitava le istituzioni a vaccinare i migranti con due lettere datate 19 maggio e 10 luglio 2021,  nelle quali sollevava il problema di “estendere le vaccinazioni anche ai molti senza fissa dimora, stranieri irregolari e quanti non censiti dal S.S.N., stabilmente o saltuariamente presenti tra di noi, come atto di giustizia nei confronti di questi ultimi, ma anche nell’interesse di salvaguardia dell’intera popolazione normalmente e regolarmente residente, con il rischio sempre presente di nuovi focolai di infezione”, insieme a Celeste Logiacco, Segretaria Generale della CGIL della Piana, passando tenda per tenda e baracca per baracca, sono riusciti a convincere tutti i migranti della tendopoli/baraccopoli a vaccinarsi contro il Covid19. I migranti che avevano avuto la tendopoli zona rossa, hanno subito capito l’importanza della vaccinazione per uscire fuori dalla pandemia.

Più volte, come Caritas, abbiamo chiesto, durante gli incontri istituzionali in Prefettura, in Questura e con ogni politico con il quale ci siamo confrontati, ad ogni livello, di uscire dalla logica emergenziale, in favore di un’accoglienza diffusa da conseguire con il supporto della Regione Calabria, dei Comuni interessati e delle aziende che hanno bisogno della loro mano d’opera.

Su questo, inoltre, più volte in Prefettura sono stati fatti incontri durante i quali è stata fatta una ricognizione dei beni confiscati alla criminalità organizzata da poter destinare alla sistemazione alloggiativa dei migranti e, al riguardo, è emersa la disponibilità di immobili nei Comuni di Cittanova, Gioia Tauro, Rosarno, San Ferdinando e Taurianova, ma poi non si è dato seguito.

Sono state fatte anche promesse che riguardano degli incentivi per il fitto di immobili, con la creazione di un apposito fondo di garanzia regionale per i proprietari che concedono un immobile in locazione e l’intensificazione dei mezzi di trasporto per agevolare gli spostamenti dei migranti sul luogo di lavoro, ma anche tutto questo non ha avuto seguito.

Questo è un territorio ad alto tasso di spopolamento con centri abitati semideserti e moltissime abitazioni sfitte, con un patrimonio immobiliare vuoto assai vasto. L’auspicio è che gli enti locali collaborino per permettere il ripopolamento di questi luoghi, e queste abitazioni verrebbero messe a disposizione dei lavoratori stagionali con affitti calmierati.

Adesso, mentre molti migranti sono ritornati nella Piana per la raccolta degli agrumi e altri lavori agricoli, stiamo assistendo da parte delle autorità, ad un pericoloso silenzio. Oggi il dato più preoccupante è quello del silenzio e dell’immobilismo delle Istituzioni. Intanto stanno crescendo le baraccopoli di San Ferdinando, quella nella località Russo di Taurianova, quella di Marotta. Intanto il campo container di Rosarno si sta degradando sempre più. Centinaia e centinaia di migranti stanno vivendo in condizioni disumane e terribili, al freddo e al gelo.

La richiesta forte che, ancora una volta, vuole partire dalla Caritas Diocesana di Oppido Mamertina – Palmi e da tutte le organizzazioni umanitarie e dalla popolazione della Piana di Gioia Tauro, è quella dell’impegno delle Istituzioni Pubbliche interessate affinché venga eliminata l’attuale nuova tendopoli che intanto è diventata baraccopoli e tutti i ghetti piccoli e grandi nascosti nelle campagne della Piana e ai migranti venga assicurata una normale e civile abitazione con l’accoglienza diffusa tanto auspicata da tutti e che  mai più sorgano ghetti nei nostri territori.

Noi crediamo che a San Ferdinando bisogna creare un nuovo modo di vivere che va al di là della tendopoli e proponiamo l’accoglienza diffusa nei Comuni, come l’esperienza di Drosi dove, con la garanzia della Caritas, negli anni scorsi, siamo arrivati ad affittare ben 30 abitazioni private per l’accoglienza di 140 immigrati. Adesso, a Drosi, i migranti riescono ad affittare le case direttamente loro, perché hanno acquisito la fiducia dei proprietari.

Una richiesta forte che la Caritas pone, ancora una volta, alle Istituzioni è quella di saper veramente promuovere iniziative per politiche di integrazione piena, per l’inserimento dignitoso degli immigranti nelle realtà locali e comprensoriali, specialmente nel lavoro, nell’istruzione scolastica, nella sanità, nella socialità, nella tutela dell’identità culturale e religiosa, con un impegno nuovo e giusto, pacifico, solidale e strutturato.

La richiesta è quella di realizzare progetti e servizi non improvvisati per l’emergenza, ma programmati per l’ordinario, il quotidiano e il lungo termine. Chiediamo anche una giusta politica dei prezzi agricoli per far sì che i produttori abbiano più garanzia per i loro prodotti, anche con la tenuta dei prezzi, e possano assumere legalmente e serenamente la mano d’opera specialmente immigrata anche con la riaffermazione del ruolo dei centri per l’impiego e l’istituzione delle liste di prenotazione per il lavoro agricolo, per consentire l’incontro tra la domanda e l’offerta di lavoro.

Si chiede, di conseguenza, una giusta retribuzione ai braccianti immigrati e un contratto di lavoro con l’assicurazione e i contributi previdenziali ed assistenziali; una dignitosa abitazione con luce elettrica, acqua corrente, e servizi igienici.

Prima di terminare, ricordiamo i tantissimi interventi del Vescovo S. E. Mons. Francesco Milito sulla questione immigrati, fin dal suo arrivo in Diocesi. Ricordiamo in modo particolare quattro suoi messaggi riguardo gli immigrati nella Diocesi di Oppido Palmi, le iniziative della Diocesi e i suggerimenti per la risoluzione dei problemi:

Ancora al “freddo e al gelo” – Avvento di Fraternità – 2012

Non ci costò l’aver amato – Natale 2012.

Da Natale a Pasqua: non ha colori la pelle di Dio – Quaresima 2013

“Settembre, andiamo. È tempo di migrare” Dove? Come? – Agosto 2013

Messaggi scritti dal nostro Vescovo Mons. Francesco Milito otto, nove anni fa, ma tutti attuali più che mai. Sembrano scritti oggi.

Ricordiamo, in particolare, il suo primo messaggio per l’avvento 2013, dal significativo titolo Ancora al “freddo e al gelo”, con l’invito rivolto ad ogni famiglia della diocesi, che poteva farlo, di dare una coperta ai fratelli immigrati bisognosi: ciò ha assunto un significato che è andato al di là del gesto stesso, perché ha mobilitato i fedeli tutti e ha fatto prendere coscienza, ancor di più, della situazione di emergenza che stavano vivendo gli immigrati. “Al freddo e al gelo” nelle tendopoli e nelle baracche oggi è “ancora lui che soffre nei fratelli immigrati”, ha affermato , con grande sensibilità, Mons. Milito, chiedendosi sé è “ammissibile” e “concepibile, ancora la riproposizione di una scena così grave? Ve lo confido come un padre, che avverte acute le emergenze dei suoi figli e chiede ai fratelli di non dimenticarsi di farsi prossimo degli altri che soffrono: mi aspetto che scatti un moto immediato di solidarietà efficace”.

L’appello di Mons. Milito allora è caduto in un periodo in cui le previsioni meteorologiche, recanti notizie di peggioramento delle condizioni atmosferiche, “aggiungono un motivo in più all’urgenza di non perdere tempo. Se la risposta sarà tale da fronteggiare la pesante indigenza dei nostri fratelli immigrati, a Natale, quando riecheggeranno nelle nostre Chiese e per il mondo le parole rivelatrici del suo mistero ‘E il Verbo si fece Carne e venne ad abitare in mezzo a noi’, saranno pienamente concrete”. “Le precarie condizioni, in cui continuano a versare gli immigrati, che servono al lavoro, ma che il lavoro, per complessi ma evidenti motivi, non riesce ad elevare – afferma il vescovo – non può lasciarci assolutamente indifferenti”.

Il nostro Vescovo si è rivolto, quindi, agli organismi civili competenti: “senza latitanze, senza assenze e silenzi inspiegabili, senza rinvii tocca prendere in mano la situazione, rafforzare e completare gli interventi urgenti di prima necessità, a salvaguardia dei diritti primari della dignità e della salute”.

All’importante messaggio è seguita la visita di Mons. Francesco Milito alla tendopoli di San Ferdinando, dove si è voluto rendere conto di persona dello stato di degrado spaventoso in cui vivevano oltre millecinquecento immigrati africani.

Nella tendopoli, costruita l’anno prima per far fronte a quella emergenza abitativa, gli immigrati avevano costruito baracche e ripari di ogni genere con lamiere, cartoni, plastiche e rami di alberi. Mons. Francesco Milito, visibilmente turbato, ha definito quelle abitazioni: “disumane ed inaccettabili”; “c’è da inorridire nel veder come vivono questi fratelli, ammassati in ambienti che di umano non hanno niente”.  “Sono scene – ha aggiunto il Vescovo – di straordinaria inciviltà di fronte alle quali occorre uno scatto di carità ma anche di civiltà”. Poi ha lanciato, ancora una volta, un altro appello alle istituzioni perché decidano di intervenire, “per alleviare il più possibile le condizioni di vita di questi nostri fratelli che arrivano nella Piana con la speranza di poter lavorare”. “Spero tanto – ha concluso il Vescovo – che le istituzioni non si girino dall’altra parte e facciano subito anch’esse qualcosa per permettere ai migranti di soggiornare in maniera dignitosa”.

Diac. Vincenzo Alampi