Percorso di una relazione autentica. Riflessioni del Governatore Cammarata

a cura di Gaetano Cammarata (Governatore del Distretto 77)

L’art.3 dello Statuto di Serra International riporta (testualmente): “Serra International è una associazione di Laici Cattolici che si propone di favorire e promuovere le vocazioni al Sacerdozio ministeriale nella Chiesa Cattolica, come una particolare vocazione al servizio e sostenere i
sacerdoti nel loro sacro ministero. Incoraggiare e valorizzare le vocazioni alla vita consacrata nella Chiesa Cattolica. Aiutare i propri membri a riconoscere ed a rispondere, ciascuno nella propria vita, alla chiamata di Dio alla santità in Gesù Cristo per mezzo dello Spirito Santo.”

Nella indicazione dei fini predetti, non ultimo ma essenziale e direi più immanente, più intimamente coinvolgente, è quello di vivere la vita cristiana nella sua autenticità, manifestando ed infondendo gli insegnamenti evangelici e biblici nella propria quotidianità, nel proprio mondo di lavoro, nella propria famiglia. Ciò nella consapevolezza che unico modo per essere riconosciuti cristiani e seguaci di Cristo è il comportamento che riusciamo a realizzare nella nostra vita reale con tutto quanto ci circonda, con tutto quanto noi relazioniamo.
Dall’amore e dalla carità che poniamo in essere nel rapporto tra noi e con gli altri si potrà riconoscere di essere discepoli ed apostoli dell’insegnamento evangelico.

Amore e carità non sono entità astratte, ma reali. Dobbiamo però avere la consapevolezza che per la loro stessa esistenza e per la loro realizzazione sia l’amore che la carità hanno il bisogno imprescindibile di essere alimentati dalla e con la parola di Dio, rivelataci nelle Sacre Scritture e con la quale dobbiamo entrare in continua, naturale e perfetta sintonia per potere camminare nella luce e nella verità attingendo così alla sorgente della vita in questo percorso terreno.

La vita di ciascun essere deve essere la simbiosi e lo specchio della contemplazione della bellezza del Creato e del dialogo con il suo Creatore, ma anche capacità e ricerca della manifestazione di lode e di ringraziamento, alla ricerca ed alla realizzazione di un sereno, aperto, paziente, gioioso, rapporto e dialogo con il nostro prossimo, con chi soffre, con chi non può godere del benessere spirituale e materiale che il Signore ci ha voluto generosamente elargire. Da qui la constatazione che la silenziosa contemplazione del creato ed il profondo, sincero e intimo ringraziamento a Dio per quanto da Lui ci viene continuamente e generosamente dato, postula l’agire per la condivisone con gli altri di questo stato di grazia che possiamo vivere. Ma l’agire non deve essere finalizzato ad apparire, alla ostentazione, ma all’essere, al riconoscersi peccatori, al riconoscersi ultimi, non degni della ricchezza di Dio, ma fiduciosi della sua misericordia, della certezza del suo amore.

Agire quindi nella e con la grazia di Dio, fortificati dalla sua Parola, per manifestare quello che l’essere cristiani ci impone, per seguire quello che l’essere figli di Dio ci indica, per renderci capaci di affrontare e dialetticamente combattere con ogni mezzo lecito contro gli oppressori,
contro chi truffa l’altrui buona fede, contro chi traffica organi umani e semina elementi di morte, contro chi approfitta del bisogno dei poveri e dei più deboli, contro chi sfrutta le persone che vivono nell’indigenza. Essere consapevoli che, forti del proprio credo e del rapporto filiale con Dio, come fece il profeta Elia nell’accusare il Re e la Regina per avere ucciso Nabot per impossessarsi della sua vigna, necessita avere la capacità e la forza morale di criticare i potenti, per non essere per un quieto vivere passivi ad ogni loro misfatto, ad ogni loro azione che sia oggettivamente negativa e contraria ai nostri fondamentali principi etici, morali e di fede, avere cioè la capacità, la forza e la dignità per dire e gridare senza paura e senza tornaconti “questo è sbagliato, questo non ègiusto, questo offende la vita e la dignità, non va fatto!”.

In un mondo di relazione, che corre molto velocemente, in continuo frenetico incalzare di eventi e di emozioni, in un mondo dove tutto è rapportato all’interesse, al consumo, al godimento fisico e soddisfazione personale, alla affermazione del proprio io, del proprio tornaconto a qualunque costo, dimenticando ed anzi calpestando i diritti e le aspettative del prossimo meno dotato, più debole ed indifeso, in un mondo che non lascia spazio e tempo per pensare, per sognare, per contemplare, per considerare che una rinunzia per l’altro è una conquista
per se stesso in quanto atto di amore, in un mondo frenetico che non prevede e non consente un attimo di sosta, in un mondo incapace di ascoltare, di comprendere, si deve avvertire la necessità di avere pure anche un attimo di respiro, di un momento di silenzio, di un momento di
contemplazione, di un momento di dialogo, di un momento per pregare.

Tante volte nella nostra quotidianità ispirata, governata e plasmata dall’informatica, quando qualcosa va in tilt, si avverte la necessità di un reset generale, allo stesso modo dobbiamo sapere cogliere quei momenti, e ce ne sono tanti, nei quali si sente la necessità di rivolgersi al Creatore,
per pregarlo, per ringraziarlo di tutto quanto ci viene dato, per lodarLo, per interloquire e dialogare con Lui, anche per arrabbiarsi con Lui, per sfogarsi con Lui per tutti i momenti negativi della nostra vita. Tante volte diamo per scontato quanto ci viene dato da Di e prendiamo
il dono come atto dovuto e non come gesto di amore.

A volte, tante volte, nella nostra miseria non meritiamo nulla, ma l’amore del Padre sovrasta anche i nostri desideri e le nostre miserie, perché Dio è Amore, perché il suo amore per Cristo suo figlio è infinito, e tramite suo figlio, che ci ha resi suoi fratelli nel battesimo e con il
battesimo, è infinito il suo amore anche per noi. Per navigare in questi pensieri ed in queste riflessioni, cerchiamo di attingere agli insegnamenti che ci provengono da alcune figure bibliche, cerchiamo di entrare nell’intima essenza di quanto la sacra scrittura ci indica, di cercare e trovare in essa la risposta alle nostre afflizioni, ai nostri perché, alle nostre angosce, al nostro senso di solitudine, ai nostri abbattimenti. Prendiamo la Bibbia nelle mani, attenzioniamo le figure di Abramo, di Giacobbe, di Mosè, di Giobbe, di Davide; meditiamo sulle pagine del libro dei Salmi, del libro della Sapienza, del libro dei Proverbi, del libro di Qoelet che con amarezza richiama la vacuità della vita “Vanitas vanitatum (vanità delle vanità)” , ma nel ripeterci che tutto non è altro che cosa vana, fatua ci indica quale unico rimedio e risposta di avere fiducia nel Padre e seguire le sue indicazioni (La divina Provvidenza che non ci abbandona mai e che ci indica la soluzione ad ogni problema).

Mettiamoci in un rapporto di silenzio – ascolto con il Creatore. Ricordiamo che l’incapacità di ascoltare e quindi di comprendere, sopprime il dialogo sia esso con Dio che con il prossimo, e quindi viene eliminata la possibilità di scoprire l’amore ed operare in esso e con esso, e senza di esso viene vanificato ogni sforzo di inclusione e comprensione di chi è prossimo per noi. Quest’anno abbiamo avuto la possibilità di partecipare al festival dello Spirito, occasione meravigliosa propostaci dalla bella iniziativa del Serra Club di Arezzo.

La consapevole partecipazione e la condivisione della stessa con altri amici serrani, ci ha dato la possibilità di una attenta e profonda lettura di qualche testo della Sacre Scritture e una spontanea, ha provocato una reazione a catena, spingendo molti di noi ad andare oltre, a fare e
rendere cioè della sistematica lettura dei testi sacri la alimentazione quotidiana per una formazione più profonda e partecipata e, come corollario, una più genuina conoscenza della parola di Dio. Per molti la lettura della Bibbia è stata una scoperta, per molti si è sopperito ad un vuoto di conoscenza e di formazione che forse è mancata nella nostra educazione tradizionale che non aveva ancora recepito lo spirito innovatore del Concilio Vaticano II^.

Nella nostra formazione ed istruzione giovanile molto spesso ci veniva trasmesso il contenuto solo di alcuni libri della Bibbia (Genesi, Esodo ed altri) sottolineando non tanto l’aspetto della bellezza e della potenza della parola di Dio che chiama alla vita e che si compiace di ogni cosa che per volere di Lui, accede all’esistenza (Genesi),non tanto per la potenza e la costanza e quasi pervicacia che Dio manifesta nell’amore verso il suo popolo (Esodo), non tanto nella cieca fiducia in Dio mostrata da Abramo e nel costante ascolto che lo stesso fa della parola di Dio, ma veniva
percepito da noi che ascoltavamo come momento narrativo di momenti della storia dell’uomo e del popolo ebraico, e non come parola di Dio, non come preghiera, non come ricerca della bellezza del creato non come contemplazione dell’universo, non come gioia dell’azione di Dio , non come predisposizione all’ascolto e conseguentemente al dialogo con Dio.

Di alcuni libri si conoscevano alcuni brani solo perché inseriti nella liturgia della Chiesa, di altri si sconosceva addirittura sia il contenuto ed a volte anche la loro stessa esistenza (Sapienza, Proverbi, Qoelet.). Eppure sono libri di una bellezza e di una attualità meravigliosa, contenitori di consolazione, risposte per ogni afflizione che ci colpisce, per ogni momento di scoraggiamento, sono elementi di luce e guida per ogni momento esistenziale, fonte di speranza e saggezza nel nostro cammino terreno, certezza della costante presenza e vicinanza di Dio, del suo Amore e della sua Misericordia.

Dalla lettura attenta e fiduciosa dei testi sacri nasce in noi l’istinto ed il coraggio di colloquiare con Dio, ci accorgiamo che è Dio a parlare con l’uomo, e Dio parla al cuore dell’uomo in vari modi, spontanei, non preordinati, non formali, non programmati. Se è vero, come è vero, che Dio conosce ogni angolo del nostro essere, ogni nostro pensiero, ogni nostro sentimento anche il più nascosto ed a volte inconfessabile anche a noi stessi, nel pieno rispetto della nostra libertà, Dio aspetta però che parta da noi ogni iniziativa per un dialogo aperto, e perchè no anche rabbioso, anche stizzito, anche ribelle, anche cocciuto e quasi insolente come lo fu per Giobbe.

Siamo infatti noi a permettere a Dio l’accesso nel nostro cuore sia nella contemplazione del suo operato, sia nell’atteggiamento di ringraziamento per quanto da Lui fatto, sia per la possibilità riconosciutaci anche di recriminare per averci in apparenza maltrattato od abbandonato. Non dobbiamo scandalizzarci di questo. Anche Gesù sulla croce, rivolgendosi al Padre disse “Perché mi hai abbandonato?” ma poi la constatazione che tutto si era compiuto e la volontà del Padre era stata eseguita anche se nel dolore e sino alla morte di croce.

Deve essere parte essenziale della nostra vita però la certezza che Dio è Amore, che è nostro Padre, che è sempre vicino a noi, anche se noi lo teniamo lontano, anche se lo ignoriamo, anche se ostentiamo un atteggiamento di supponenza, anche se a volte riteniamo che la sua presenza nella nostra vita non è indispensabile e della stessa se ne può fare a meno, ma Egli è lì, in attesa di una nostra semplice, anche silenziosa invocazione, pronto sempre ad entrare ed irrompere con la
forza dello Spirito Santo nella nostra vita.

Non pensiamo di dovere fare chissà cosa, non affanniamoci come Marta per le cose terrene anche se utili e necessarie, ma sarà l’Amore di Dio e la sua Parola che ci sosterrà, alimenterà, finalizzerà e completerà la nostra esistenza. Lasciamo che Dio nel silenzio – ascolto entri in colloquio e che possa operare con noi ed in noi: Dobbiamo avere fiducia e fede. La fede è un dono. Ciò però non deve farci dormire sugli allori, non deve indurci a crederla e viverla in un rapporto statico, ma ha bisogno di essere vissuta in un continuo divenire con una alimentazione costante. Ogni espressione di vita perché possa protrarsi nel tempo, perché crescere e vivere l’intero suo ciclo, ha bisogno di essere alimentata, accudita, curata, protetta, difesa. Anche la nostra fede non sfugge a questa esigenza. Abbiamo il compito di alimentarla con la parola di Dio, mangiando del corpo di Cristo e bevendo il suo sangue.

Senza l’alimentazione c’è l’inaridimento, c’è la vacuità, c’è la morte. Ma Dio non vuole la morte del peccatore ma anzi vuole che viva. Gesù più volte ci ripete che chi ascolta la sua parola e mangia il suo corpo e beve il suo sangue avrà diritto alla vita eterna e con lui potrà
condividere la Luce e la Verità. Ma in questa dimensione si può arrivare solo con l’ascolto, con la  preghiera, con l’amore, con la carità.

Scaturisce a questo punto della ricerca la consapevolezza della grande valenza che può avere ed anzi deve avere la preghiera nella nostra esistenza, nel rapporto che instauriamo con tutto quanto ci circonda, sia esso l’essere umano piuttosto che la natura, un paesaggio, un fiore, la
genuinità di un bambino, l’universo che ci avvolge. Amore, carità, dialogo, preghiera, contemplazione, comprensione, partecipazione, inclusione, sono tutte sfaccettature della bellezza e dell’amore che Dio ha riversato e continua a riversare senza interruzione alcuna su ciascuno di
noi. Dice papa Francesco che la preghiera è il respiro della fede, è la sua espressione più autentica e piena, è la chiave che ci permette di aprire tutto, di instaurare ogni rapporto, di coinvolgere ed essere coinvolti in un
amore perenne e senza limiti, in un continuo sentimento di ringraziamento e di gratitudine.

La preghiera appartiene a tutti agli uomini di ogni religione e forse anche a quelli che non ne professano alcuna, appartiene a chiunque nella vita si trova a constatare la sua piccolezza, la sua fragilità, a vivere uno stato di bisogno, uno stato di necessità, un momento di sconforto, un momento di impotenza. La preghiera nasce nel segreto di noi stessi, nasce dall’intimo del nostro cuore, è il mistero più intimo di noi stessi.

Con la preghiera si può stabilire un rapporto di confidenza con Dio, si può stabilire una relazione intima e confidenziale con Dio, che è poi la grandezza dell’uomo, la sua intronizzazione, come dice Papa Francesco il quale continua affermando che per natura l’uomo è quasi nulla, è un
essere quasi insignificante rispetto alla grandiosità dell’universo, ma per vocazione e per chiamata è figlio del grande Re, partecipe della sua potenza, della grandezza, della sua regalità. La preghiera si realizza non tanto e non solo con i brani e le espressioni e con i riti presenti nella liturgia, certo questi sono momenti sostanziali e vitali per l’essere cristiani, ma si può realizzare e si realizza anche in ogni momento e luogo, con ogni qualsiasi anelito emotivo che Dio suscita nell’animo umano, con ogni manifestazione di pensiero, con una
implorazione anche silenziosa, in ogni constatazione della nostra miseria e della nostra pochezza.

Non è necessario che si preghi con la voce, con la bocca o con il canto, in una chiesa o in un luogo all’uopo predisposto, certamente questi sono luoghi privilegiati, ma anche ogni angolo della nostra esistenza può essere è idoneo ad instaurare un rapporto, un colloquio anche silenzioso o solamente contemplativo. Essenziale è pregare con il cuore e con la mente, abbandonarsi ciecamente e con fiducia alla benevolenza ed all’amore di Dio. La preghiera è ascolto ed incontro con Dio. Non c’è uno specifico momento per pregare, ma tutti i momenti e tutte le occasioni possono esser utili per colloquiare con Dio. I problemi e le preoccupazioni di tutti i giorni allora non sono e non devono essere di ostacolo alla preghiera, ma essi stessi sono elementi che Dio ci propone per l’ascolto, possono essere momenti di comunicare con e relazionarci.

Le ansie della vita si mutano così in occasioni di crescita nella fede e nella carità, in momenti di ascolto e di comprensione. Si può avere la consapevolezza e constatare quindi che la preghiera, la contemplazione ed il dialogo ancorché silenzioso, sono gli elementi che sublimano la fede ed allo stesso tempo la materializzano non la rendono vana come dice San Paolo. La preghiera, come dice papa Francesco, è la prima forza della speranza, ha il potere di trasformare in bene ciò che nella vita sarebbe altrimenti una condanna, un dolore, un dispiacere, una sconfitta. Si prega e la speranza cresce, va avanti. Essa ha il potere di aprire un orizzonte grande alla mente e di allargare il cuore.

La preghiera deve essere continua ed accompagnare la nostra vita. Anzi la stessa vita, per ogni cristiano, dovrebbe trasformarsi ed essere una silenziosa e vissuta preghiera. E’ lo stesso Gesù a spingerci a pregare senza mai stancarci, finché il Padre ci darà ascolto. Lo ripete anche San paolo quando invita a pregare ininterrottamente ed in ogni circostanza e per ogni cosa rendere grazie a Dio. Papa Francesco non si stanca di chiedere come il più gradito favore di pregare anche per Lui. Egli infatti è consapevole, costituendo questo un suo costante insegnamento, che la preghiera quando è autentica libera dagli istinti di violenza e dai sentimenti di odio, che la preghiera semina vita, produce amore, spinge alla carità, ci porta all’inclusione ed accettare il prossimo come parte di noi stessi.

La preghiera necessita di momenti di silenzio e di raccoglimento, per potersi concretizzare ci richiede di liberarci ed estraniarci dai rumori e dalle ansie dei problemi materiali ed esistenziali, dai frastuoni, dai sentimenti a volte turbolenti, ha bisogno di intimità. Ricordiamo che Gesù quando doveva pregare si allontanava dalla folla e dai problemi che la tessa poneva, si recava in luoghi deserti e lì instaurava il suo colloquio con il Padre. A volte chiamava alcuni discepoli per coinvolgerli e renderli partecipi della gioia di potere pregare e gustare del confronto e del dialogo con il Padre, a dare forza ad una preghiera collettiva e congiunta di più persone.

La preghiera è il canale che ci sintonizza con l’infinita bellezza di Dio, in un oceano senza limiti di tempo e di spazio dove è dolce e bello naufragare, con la certezza e con la fiducia di essere in compagnia del nostro caro, buono e grande Padre Celeste.
Nella preghiera e con la preghiera sentiamo di abbandonarci alla Divina Provvidenza, e ci comportiamo con purezza di spirito. Il Signore che è nostro Padre, farà, anzi “dovrà” fare, la sua parte; un padre non abbandona mai i propri figli e Lui è lì in attesa di un nostro segno, alla richiesta del suo aiuto. Sarà felice di potere entrare in noi ed agire con noi e per noi. Del resto Gesù ci ha insegnato che bisogna pregare, pregare e poi pregare ancora, finché sarà concesso quanto richiesto.

Così senza accorgerci nel nostro quotidiano comportamento e nella relazione con il prossimo, ci scopriremo essere Cristiani ed apostoli, inclini all’ascolto, alla comprensione, all’inclusione, alla consapevolezza che solo così potremo dire di essere Serrani missionari, solo così possiamo essere parte integrante del Sacerdozio Universale e del Corpo Mistico della Chiesa di Cristo.

Gaetano Cammarata