Intermeeting a Cascina con suor Maria Francesca

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Martedi scorso, preceduta dalla recita dei vespri e dalla conviviale, si è svolta il consueto incontro del Serra Club 573 di Cascina durante il quale suor Maria Francesca, componente il direttivo del Centro Diocesano per le Vocazioni, prendendo spunto dal “Messaggio Mondiale per le Vocazioni”, ha parlato della attività che il CDV svolge soprattutto coi giovani universitari pisani, per poi fare una più generale riflessione sulle vocazioni: vocazioni che conducono alla vita consacrata ma anche vocazioni alla famiglia e alla testimonianza cristiana nei vari ambiti della vita sociale. Il tema, particolarmente attinente con la “missione” del Serra Club, ha coinvolto, su richiesta del Governatore del Distretto 71 Cav. Michele Contino, anche il Serra club 978 di San Miniato dando vita ad un intermeeting fra i due Club.

Ciascuno ha una vocazione, ha esordito suor Maria Francesca, perché ciascuno ha una missione, anche se a volte riconoscere la propria vocazione non è facile. E allora rovesciando il termine degli addendi si dovrebbe dire che ciascuno ha una missione e quindi, di conseguenza, ciascuno ha quella vocazione che meglio si adatta alla sua missione. Il carisma vocazionale della famiglia “Paolina” di cui suor Maria Francesca fa parte, è proprio quello di aiutare i giovani a trovare il senso della propria vita a riconoscere la propria vocazione, la propria chiamata di Dio: una chiamata che è per tutti!

Riconoscere, quindi, il proprio percorso vocazionale!

Un percorso che inevitabilmente parte dalla nostra identità. Da quella identità che troviamo in quell’ambito protetto che all’inizio della nostra vita è stata la nostra casa, il nostro ambito familiare, più in generale il nostro ambito relazionale. Ma una casa che cambia con noi pur restando il nostro punto fermo e dalla quale, poi, dovremo e dobbiamo uscire per trovare la nostra “casa”.

Le letture bibliche ci aiutano. Dopo l’esilio babilonese, Tare prese suo figlio Abramo con sua moglie Sarai e con suo nipote Lot, e partì da Ur dei Caldei per stabilirsi in Haran. Ma il Signore disse ad Abramo: “parti dal tuo Paese, dalla casa di tuo padre e và nella terra che Io ti mostrerò”.

Con linguaggio metaforico potremmo dire che la nostra “casa” è la fede. Essa deve essere il nostro punto fermo. E il faro della nostra “casa” è la virtù della Speranza. Come si legge nel capitolo 11 della lettera agli Ebrei “per fede Abramo, chiamato da Dio, ubbidì per andare in una terra che doveva ricevere in eredità senza nemmeno sapere dove andava”.

Per fede sono parole paradigmatiche per tutti noi.

Nella vita non sappiamo cosa ci è riservato; dobbiamo essere pellegrini di speranza consapevoli che ciò che andremo ad abitare sarà per noi una terra straniera, ma fiduciosi che sarà la nostra “casa”. Coscienti che certe volte Dio non vuole quello che noi vorremmo, e convinti di aderire alla vita con la fiducia riposta in mani che sono migliori delle nostre. Con la certezza, come si legge nel profeta Osea al cap. 11, che Dio ci porta nelle sue braccia e si prende cura di noi, e ci farà abitare nella nostra casa, in quella che Dio ha scelto per noi.

Vocazione, in definitiva, è lasciare che sia Dio la causa del nostro abitare, che sia Dio ad indicarci la nostra “casa”. E compito di chi si prodiga per le vocazioni, in definitiva, è quello di rendere consapevoli di questa presenza tutti coloro che incontriamo: una presenza che ineludibilmente si manifesta nella coscienza, nel suo essere inquieta e in costante ricerca di un approdo, e che dobbiamo aiutare ad ascoltare e riconoscere.

 

Chiellini Paolo

Vice presidente alle comunicazioni