Il mistero della Sacra Sindone

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a cura di Maria Silvestrini

 

“Essi presero il corpo di Gesù e lo avvolsero in bende di lino con aromi, secondo il modo di seppellire in uso presso gli Ebrei” (Giov. 19,40)

Inizia nei Vangeli la lunga misteriosa storia che avvolge la Sacra Sindone, a Torino dal 1563. Un lenzuolo di lino di oltre quattro metri di lunghezza e largo circa un metro, conservato nel Duomo, sul quale è visibile l’immagine di un uomo che porta segni interpretati come dovuti a maltrattamenti e torture compatibili con quelli di un condannato alla crocefissione e descritti nella passione di Gesù. E’ davvero la Sindone il telo in cui è stato avvolto nostro Signore?

Su questo interrogativo, fra fede e ragione, si è snodata l’approfondita lezione del dottor Girolamo Spagnoletti, esperto sindologo, e la riflessione di don Giuseppe Ruppi, nella Concattedrale Gran Madre di Dio nel venerdì della settimana di Passione. L’incontro promosso dall’Associazione Mogli dei Medici Italiani, presidente Mariangela Tarantino, dall’Associazione Italiana Maestri Cattolici, presidente Maria Antonietta Spinelli, e dal Serra club, presidente Maria Cristina Scapati, è stato un momento di approfondimento scientifico e di riflessione teologica alla vigilia della Settimana Santa.

Della Sacra Sindone si ha notizia all’inizio del primo millennio, quando il cavaliere Goffredo di Charny, tornando a Lirey suo paese natale nel 1353, dichiarò di avere con sè il telo che aveva avvolto il corpo di Cristo. In pieno Medioevo, quando delle reliquie si faceva un traffico e un vanto, la Sindone fu subito oggetto di profonda venerazione. Nel 1453 la reliquia fu venduta ai Savoia che nel 1578 la portarono a Torino.

Il lenzuolo è un pezzo di storia che ha attraversato i secoli, come testimoniano i rilievi ed i segni che sono emersi dai moderni studi effettuati sulla sua datazione. I più evidenti sono le bruciature causate dall’ incendio della Sainte-Chapelle du Saint-Suaire, in cui era conservato, nel 1532, che furono rappezzate dalle suore clarisse con l’intento di evitare ulteriori più gravi danni. Nel 1998 l’esame del carbonio 14 ne fissò l’origine fra il 1260 ed il 1350. Datazione messa in forse dal prelievo dei campioni analizzati e dalla difficoltà di dimostrarne una diversa origine.

Sulla impossibilità di considerarla un falso si è svolta tutta la lezione del dott. Spagnoletti. Una sorta di spiegazione in negativo proprio come l’immagine della Sindone fotografata nel 1898 da un dilettante, Secondo Pia. Se la Sindone è un falso chi ha potuto creare in maniera così precisa una immagine negativa di un uomo con la barba, 700 macchie di sangue tra piccole e grandi, segni di flagelli e di spine sul cranio, mani e piedi trafitti da chiodi?

È ormai scientificamente certo che il telo torinese ha avvolto un corpo umano. L’immagine e il decalco delle ferite non potevano che essere lasciate da un cadavere su cui era stato drappeggiato il lenzuolo come prova anche la tridimensionalità dell’immagine.  Ma c’è di più, se quel cadavere fosse rimasto tale la tela non avrebbe resistito alla putrefazione. Invece, sulla Sindone torinese vi sono prove evidenti di rigidità cadaverica, ma non v’è traccia di fenomeni putrefattivi. L’immagine appare come il risultato di una energia che non conosciamo. Non sappiamo né il come, né il perché si sia formata. Non riusciamo a dare una spiegazione completa e coerente di tutte le sue caratteristiche.

Là dove la ragione si ferma supplisce la fede.  Nessuno ha assistito alla risurrezione. È Gesù stesso il rivelatore della sua risurrezione. Ai discepoli «sconvolti e pieni di paura», che credono di vedere un fantasma, egli replica in maniera diretta: «Perché siete turbati, e perché sorgono dubbi nel vostro cuore? Guardate le mie mani e i miei piedi: sono proprio io! Toccatemi e guardate; un fantasma non ha carne e ossa come vedete che io ho» (Lc 24,38-39).