A Bologna il convegno sul tema “L’educazione quale strumento per sostenere le vocazioni”
di Alberto Lazzarini
L’educazione quale strumento per sostenere le vocazioni: è il tema del bel convegno che si è svolto domenica scorsa a Bologna (Villa San Giacomo) per iniziativa del Serra dell’Emilia-Romagna, un club cattolico internazionale nato proprio allo scopo di operare a favore delle vocazioni. Molti e qualificati gli interventi, coordinati dal governatore del Serra regionale Eugenio Bolognesi, alla presenza del presidente nazionale Giuliano Faralli.
Chiara Sapigni, già presidente nazionale dell’Agesci (scout), ha ricordato che tutto passa per la testimonianza, l’esempio, non disgiunti dalla “responsabilità comunitaria” e, ancora, dalla condivisione fra le generazioni. Sempre tenendo conto degli inevitabili cambiamenti del quadro di riferimento che impone un modo diverso di comunicare la fede.
Della famiglia “strumento e risorsa anche terapeutica” ha parlato Anna Bolognesi, dirigente psicologa presso la Asl di Bologna e libera professionista, che ha anche sottolineato quanto sia fondamentale la “credibilità” nei confronti dei giovani che, sempre più numerosi, chiedono aiuto e sostegno non solo nei momenti più difficili.
Mario Cova, serrano e console dei Maestri del lavoro di Ferrara, ha portato l’esperienza della sua associazione che “sostiene le persone a realizzare la propria vocazione”, in genere lavorativa; chi coglie questo obiettivo, ha aggiunto, in generale lavorerà bene, con una positiva ricaduta, ovviamente, sulla società. Fondamentale, in questo quadro, una cultura “collaborativa”.
Dalla collaborazione all’ “ascolto” il passo è breve: Don Domenico Cambareri, cappellano dell’Istituto penale minorile di Bologna ha affermato la centralità della relazione per tutti e in particolare per quei giovani (sono 13.000) sottoposti a processo penale o civile. Riflettendo sulle loro problematiche ci si chiede – ha aggiunto – quale società abbiamo creato e quali mancanze nell’educazione abbiamo prodotto. La risposta è “La famiglia latita, soprattutto la figura paterna, la scuola è assente”. Il quadro positivo di riferimento è così sostituito dalla subcultura della strada.
Sulle vocazioni sacerdotali è poi intervenuto don Andrea Turchini direttore del seminario regionale Flaminio che ha osservato come la chiamata sia sempre un mistero, peraltro sempre più ostacolata dall’attuale contesto culturale che vorrebbe la vocazione autoreferenziale, indipendente dalla relazione con Dio. E’ invece necessario “creare un tessuto ricco di speranza” e in grado di produrre “dono di sé, pienezza di vita”. I cappellani dei tre Serra regionali (Bologna, Ferrara e Pomposa) hanno portato il contributo conclusivo.
Don Marco Settembrini ha ribadito l’importanza del contesto comunitario, don Marino Vincenzi si è soffermato sugli “esempi” citando don Puglisi ma anche sulla necessità di utilizzare nuovi linguaggi. Infine don Pietro Predonzani ha lamentato la scarsa capacità di sintonizzarsi con il pensiero giovanile e la contestuale necessità di “accettare la sfida della sinodalità”.