Distretto 77. Serrani: Laici che rispondono ad una vocazione

RELAZIONE DEL GOVERNATORE MICHELE MONTALTO ALLA RIUNIONE DEL CONSIGLIO DISTRETTUALE DI PALMI (R.C.) DEL 22 APRILE 2023

SERRANI: LAICI CHE RISPONDONO AD UNA VOCAZIONE

La chiamata di Dio (vocazione) è estesa a tutti i credenti siano essi clerici o laici perché ognuno ha, nella sua specificità, una missione o un compito da compiere nella sua vita secondo il disegno di Dio.

L’appello del Signore Gesù «Andate anche voi nella mia vigna» non riguarda soltanto i Pastori, i sacerdoti, i religiosi e le religiose, ma si estende a tutti: anche ai fedeli laici che sono personalmente chiamati dal Signore, dal quale ricevono una missione per la Chiesa e per il mondo.

Il concilio Vaticano II, in questo senso, ha dato una nuova e radicale interpretazione della vocazione dando pari dignità a tutti i battezzati.

Con il battesimo, infatti, si entra a far parte a pieno titolo del Popolo santo di Dio da parte di tutti, senza distinzione tra laici o clerici e viene acquistata la piena appartenenza alla Chiesa e al suo mistero.

Tutti quindi indistintamente sono ugualmente chiamati alla sequela di Christo e devono portare la testimonianza cristiana in tutti gli ambienti: nel mondo del lavoro, della cultura, della politica, dell’arte, della comunicazione sociale.

Tutti i battezzati infatti sono resi partecipi dell’ufficio sacerdotale, profetico e regale di Cristo, e quindi sono investiti di dignità, spiritualità, missione e responsabilità perché fanno parte viva, consapevole e responsabile alla missione della Chiesa.

Nella Lumen gentium Cap. II, si legge: “Tutti i fedeli di ogni stato e condizione sono chiamati dal Signore, ciascuno per la sua via, a quella perfezione di santità che appartiene al Padre celeste”.

Anche nell’ esortazione apostolica post-sinodale “christifideles laici” del Santo Papa Giovanni Paolo II, a proposito di vocazione e missione dei laici nella chiesa e nel mondo, è detto: “lo stato di vita laicale . . . realizza un servizio ecclesiale nel testimoniare e nel richiamare, a suo modo . . . il significato che le verità terrene e temporali hanno nel disegno salvifico di Dio” e più oltre è precisato che “la vocazione cristiana è per sua natura vocazione all’apostolato”.

Viene così enunciato che anche coloro che non sono ecclesiastici o consacrati ricevono da Dio una “chiamata” e quindi una “vocazione”.

La chiamata si manifesta attraverso accadimenti, incontri, circostanze varie ed imprevedibili che ti fanno pensare, ti interrogano e ti obbligano ad una scelta: dire sì o no.

Ciascuno risponde alla chiamata di Dio con libera volontà nel modo che ritiene per sé più consono ed idoneo ad esprimere la sua piena appartenenza e servizio alla Chiesa sia come laico che come chierico e tutti insieme sono al servizio della Chiesa.

Mentre solo i sacerdoti hanno il potere di somministrare ed impartire i Sacramenti, lo stato di vita laicale tratta le cose temporali e le ordina secondo Dio e di fatto, nella sua specificità, realizza un servizio ecclesiale testimoniando e richiamando il significato che le realtà terrene e temporali hanno nel disegno salvifico di Dio.

Pertanto la missione dei fedeli laici non è di meno di quella dei consacrati poiché tutti e due assieme, ciascuno a proprio modo e nel proprio ambito, compiono nella Chiesa e nel mondo la missione propria di tutto il popolo cristiano che è quello di testimoniare e servire Dio.

Questa missione si esercita vivendo quotidianamente il Vangelo e quindi servendo la società, promuovendo la dignità della persona, venerando l’inviolabile diritto alla vita, evangelizzando la cultura e le culture dell’uomo, senza tralasciare la preghiera continua e l’adorazione di Dio nella persona di Gesù Cristo.

A questa chiamata del Signore, al pari di tutti i giovani bravi seminaristi di cui ci occupiamo, anche noi serrani abbiamo risposto con un sì.

Un che per noi serrani significa in particolare servire la chiesa da laici presenti nel mondo e che per questo ci siamo resi disponibili a svolgere una particolare missione: quella di promuovere ed aiutare le vocazioni al sacerdozio e alla vita consacrata ed essere quindi a disposizione dei seminaristi e dei sacerdoti.

Servire vuol dire fare, implica una fatica, una disponibilità, scegliere Marta piuttosto che Maria.

Servire è l’opposto di essere servito ed allora è inconcepibile, come purtroppo ho constatato visitando vari club, che un serrano si sottragga o non si renda disponibile ad assumere un incarico od una responsabilità in favore del club di appartenenza o in favore della comunità ecclesiale cui appartiene.

Il servizio va fatto innanzitutto in forma comunitaria, nella forma e nei modi che spiegherò più inoltre, ma è anche un servizio che va svolto in forma personale nella normalità della vita quotidiana dando sempre testimonianza con un comportamento da buoni credenti cristiani e con la vicinanza verso i seminaristi e i sacerdoti, dimostrando sincera amicizia nei loro confronti e ancora con la preghiera, con il soccorso economico e con il sostegno morale.

Dobbiamo essere consapevoli che rispondere alla chiamata di aderire ad un Serra Club comporta una appartenenza entusiastica, anche se talvolta faticosa, che però alla fine ti dà gioia e soddisfazione.

Operare per promuovere e sostenere le vocazioni al sacerdozio cattolico e alla vita consacrata con la costante preghiera al Padrone delle messi e soprattutto con la testimonianza e l’azione apostolica propria dei laici, è certamente una fatica ma è una fatica gioiosa che dà risultati che ti riempiono il cuore e ti ricompensano del centuplo.

Per ottenere i risultati sperati è evidente che tale missione non può essere condotta solo singolarmente ma deve essere svolta congiuntamente da tutti i soci che si integrano lavorando assieme e coinvolgendosi, senza sottrarsi, a tutte le attività di programmazione, di diffusione, di divulgazione del club spendendo le proprie intelligenze, i consigli e perché, non anche, parte del proprio tempo per agevolare e migliorarne le attività e, tutto ciò, senza aspettare di trovare preparato il piatto pronto in tavola, e soprattutto senza autoreferenzialità, senza narcisismi e comodi isolazionismi.

Ogni club Serra deve essere una fucina di interessi, di intelligenze e di operosità che coinvolge tutti, nessuno escluso e deve essere chiaro che il Serra Club non è un parcheggio per il tempo libero.

C’è un consiglio direttivo che coordina il lavoro di tutti ma è tutta l’assemblea che decide, promuove, consiglia e soprattutto opera, ciascuno secondo le proprie capacità, per il raggiungimento degli obiettivi programmati.

Dobbiamo essere convinti che avendo aderito alla chiamata non è concepibile alcun assenteismo e tutti dobbiamo darci da fare senza rimanere passivi aspettando i risultati del lavoro degli altri.

Impegno principale di ogni consiglio direttivo deve essere quello di coinvolgere la totalità dei soci nella esecuzione delle iniziative programmate e questo lavoro va svolto sotto la direzione e la sovraintendenza dei responsabili di ogni commissione di lavoro. Commissioni che non debbono restare solamente dei titoli enunciati ma che debbono operare seriamente e collegialmente.

Si rende pertanto necessario modificare la purtroppo consolidata abitudine che siano solo il presidente ed il segretario e per la parte economica il tesoriere gli unici a lavorare, pensare e decidere.

Le decisioni vanno prese collegialmente sotto la direzione e coordinate dal presidente di ciascuna delle commissioni. Le conclusioni vengono poi relazionate in sede di consiglio direttivo e se approvate vanno divulgate ed attuate con la collaborazione di tutti i soci.

Quindi per esempio il programma dell’anno sociale dovrebbe essere coordinato e predisposto dalla commissione programmi presieduta dal vice presidente ai programmi. Stilato un programma di massima lo stesso viene poi concordato con il presidente del club ed infine discusso ed approvato dal consiglio direttivo.

Così come i principali punti all’ordine del giorno dei consigli direttivi dovrebbero essere non tanto le comunicazioni del presidente quanto le relazioni dei vice presidenti sui progetti di lavoro che le commissioni da essi presiedute hanno ideato.

Solo così con un lavoro che coinvolge tutti e che va fatto con sinergia e impegno si risponde pienamente alla chiamata e soprattutto si evita che il club pian piano si esaurisca e muoia per inedia e per disinteresse.

Un club può godere di ottima vita solo se non vi sono soggetti passivi ed ove tutti i soci sono attivi ed interessati.

Bisogna inoltre evitare un altro difetto comune e per questo non meno pericoloso per la vita di un club che è l’omologazione e l’accettazione passiva di tutte le decisioni prese dal consiglio direttivo. Il coinvolgimento e la dinamica presuppongono anche una dialettica ed un confronto.

In una società moderna e progressista le critiche ed i rilievi vanno sempre accettate e ponderate. Guai a prenderle come offese alla divina maestà od opera di sovversivi e di bastian contrari.

La critica apertamente enunciata è sempre costruttiva ed è il sale della democrazia e di una società o gruppo di volontari come il nostro. Allora ben venga la critica perché serve a fare riflettere ed eventualmente a correggere ed a migliorare. Non lo è, invece, la critica mormorata che serve solo a spargere zizzania.

Concludo augurando che tutti i soci dei nostri club, in conseguenza della affermativa risposta alla chiamata ricevuta, siano fecondi, operosi e fedeli nel loro servizio e con l’aiuto dello Spirito Santo e la protezione di Maria Regina delle vocazioni e di San Junipero Serra, operino sempre in amicizia, sinergia, comunione e concordia per fare un servizio alla Chiesa e per la gloria di Dio.

Voglio fare un appello ai Presidenti che rimarranno in carica ancora per il secondo anno ed ai Presidenti eletti.

Come sapete certamente entro il 30 giugno di ogni anno bisogna mandare alla sede centrale il programma dell’anno sociale che inizierà ad ottobre.

Arraffare un programma di massima da inviare entro il 30 giugno di ogni anno è una impresa difficile, soprattutto per i Presidenti eletti che generalmente ottengono l’investitura a metà giugno.

Ne consegue che generalmente vengono inviati programmi stereotipati e generici che poi regolarmente vengono modificati ed integrati in occasione della loro presentazione ufficiale alla charter di apertura dell’anno sociale.

Per tale motivo mi permetto di consigliare ai Presidenti che rimarranno ancora in carica ma soprattutto ai Presidenti eletti di cominciare a pensare e progettare sin da ora il programma che intendono elaborare per il prossimo anno sociale.

Altro consiglio che mi permetto di dare è quello di fissare un tema dell’anno del Club su cui fare roteare tutta la programmazione non tralasciando, comunque, di riservare almeno un incontro per dibattere sul tema dell’anno nazionale.

Sempre riguardo al programma, ricordo che ci sono delle giornate dedicate che tutti i club dovranno rispettare come la giornata della Fondazione ed il Serra Day e poi ci sono i service indicati dalla sede nazionale, a cui è auspicabile aderiscano tutti i club, quali il concorso scolastico, la penna dello spirito ed il contest fotografico.

Michele Montalto