Club di Taranto. Perdono e misericordia nella Divina Commedia.

La relatrice Josè Minervini con Amalia Zinzi vicepresidente AMMI e M.Cristina Scapati presidente Serra Taranto

Il Perdono e la Misericordia infinita di Dio sono stati al centro della conversazione che la poetessa e giornalista Josè Minervini ha tenuto il 25 novembre scorso per i soci del Serra Club e dell’AMMI. Profonda conoscitrice di Dante e della sua Commedia la relatrice ci ha letteralmente emozionato nel dipingere le figure di Manfredi, Pia de’ Tolomei, Bonconte di Montefeltro, ma ancor di più nel rivelare l’intima essenza della Commedia come storia di vita e di purificazione.

“Perdonare” è un verbo coniato nel Medioevo , è stato il suo incipit, sottolineando la profonda religiosità del periodo storico in cui Dante scrisse il suo capolavoro poetico e teologico insieme. Ma se la Divina Commedia resiste al tempo in tutta la sua profonda bellezza è perché non parla solo dell’aldilà, ma della nostra vita nella concretezza dei giorni. L’Inferno è affrontare tutto il male di cui l’uomo è impastato, rendersi consapevoli della durezza dei cuori, della stupidità dell’orgoglio, della superbia, dell’accidia, e di tutti quei mali che appesantiscono e deturpano la coscienza. L’Inferno nella sua fissità è stabile, lì nulla può cambiare, nulla di nuovo può accadere. Il simbolo della morte è il ghiaccio in cui nulla può nascere, tutto è fisso per l’eternità, terribilmente. Ma al pellegrino che cerca la Verità e la Luce si apre la visione del monte dove il perdono di Dio si fa concreto. Il Purgatorio è la possibilità di dare una svolta alla propria vita perché è la cantica della misericordia. È un lungo percorso in cui il nostro animo malato, annebbiato dal peccato, viene redento, sciolto. Liberato dal male, cornice dopo cornice, l’uomo trova quello che era il suo desiderio più profondo, quella verità, bellezza e bene, che rendono la vita grande. Il Purgatorio è la cantica di noi che siamo sulla terra, è la cantica della battaglia per risorgere, è la cantica di un perdono ricevuto continuamente e che continuamente ci rinnova partendo dalla consapevolezza dei nostri peccati.

Dante parla degli uomini e delle donne del suo tempo, e parla ancora a noi oggi. I Personaggi pennellati da Josè Minervini sottolineano come il perdono non segue la giustizia degli uomini ma è possibile per l’infinita misericordia di Dio come sa solo chi viene perdonato. Lo sa Manfredi, il re di Svevia, nemico di Dante ma già perdonato, che racconta la propria morte in battaglia a Benevento, e si confessa: “Orribil furon li peccati miei, ma la bontà infinita ha sì gran braccia che prende ciò che si rivolge a lei”. Dante attraverso la figura di Manfredi mostra con un esempio clamoroso ed inatteso, come la giustizia divina segua vie imperscrutabili e possa concedere la salvezza anche ad un personaggio “scandaloso” come il re siciliano, morto di morte violenta, più volte scomunicato da ben tre papi e considerato pubblico peccatore.

Anche Bonconte di Montefeltro, considerato un peccatore impenitente, viene perdonato. Lo troviamo nel canto V del Purgatorio, il ghibellino sta morendo, trafitto da una freccia in gola nella battaglia di Campaldino, ma prima di morire invoca “Maria…” Il suo corpo dopo la battaglia non viene ritrovato perché disperso in una tempesta di acqua e fango dall’ira di un diavolo a cui un angelo ha sottratto la sua anima. “Per una lacrimuccia mi avete fregato un’anima” dirà il diavolo, ignaro della potenza dell’intercessione della Vergine.

Ancora un personaggio, questa volta una donna e sempre nel V canto. La straordinaria figura di Pia de’ Tolomei, senese, si mostra con semplicità e umiltà: “ricordati di me che son la Pia” dice a Dante. Anch’essa morì di morte violenta a causa del marito ma in lei non c’è alcun rimpianto per la vita terrena, né odio verso il suo uccisore. Il suo desiderio non è quello di ricordare la sua tragica vicenda, ma di sollecitare le preghiere in Terra per accelerare il suo cammino verso Dio. La semplicità unita alla brevità della dolce preghiera fa di Pia una delle figure maggiori della Divina Commedia e Dante cela la sua emozione ammutolendo mentre il canto si chiude nel vuoto di questo suo silenzio.

Nel XV canto appare l’angelo della misericordia, è il canto in cui il perdono viene chiesto dal protomartire Stefano, morente, per coloro che lo lapidavano. Il vero testimone si comporta come Lui: prega, ama, ma soprattutto perdona, perché il perdono è l’espressione più alta del dono.

Il Poeta ci ricorda che noi nasciamo dal perdono di Dio e ogni volta che siamo perdonati il nostro cuore rinasce, viene rigenerato affinchè attraverso il perdono sappiamo vincere il male con il bene e trasformare l’odio in amore. Amore è perdono, sempre, e la Divina Commedia, nel Purgatorio è il grandissimo affresco che ben lo rappresenta.

 

Maria Silvestrini