“Nomadelfia” dal greco significa: “legge della fraternità”.

Su questa legge don Zeno Saltini (1900 – 1981) ha fondato un nuovo popolo: Nomadelfia.

Don Zeno, padre e fondatore di Nomadelfia

Zeno Saltini nasce a Fossoli di Carpi (Modena) il 30 Agosto 1900 in una famiglia patriarcale benestante.
È il nono tra i dodici figli di Cesare e Filomena.
Nel 1914 rifiuta la scuola e va a lavorare in campagna con gli operai del nonno, Giuseppe Saltini.
Soldato di leva a Firenze, nel 1920, ha una violenta discussione con un amico anarchico, il quale sostiene che Cristo e la Chiesa sono di ostacolo al progresso umano. Lui sostiene il contrario, pur riconoscendo che i cristiani sono in gran parte incoerenti. Ma l’anarchico è istruito e vince lo scontro verbale. Zeno decide: “Gli risponderò con la mia vita. Cambio civiltà cominciando da me stesso. Non voglio più essere né padrone né servo “. Riprende gli studi.
Nel dicembre 1929 si laurea in legge all’Università Cattolica di Milano.
Nel 1931, dopo un solo anno di seminario, celebra la Prima Messa nel duomo di Carpi e si fa padre di un ragazzo appena uscito dal carcere, Danilo “Barile”, il primo di 5000 figli.
Nel 1941 Irene, una ragazza di 18 anni, scappa di casa per farsi mamma di questi bambini. È la prima mamma di vocazione. In seguito, altre giovani donne la seguiranno.
Anche diversi sacerdoti si uniscono a don Zeno.
Dopo l’8 settembre 1943 don Zeno, che già prima era stato arrestato e denunciato al Tribunale militare, riesce ad attraversare il fronte e a raggiungere la zona libera al Sud.
Molti dei giovani Piccoli Apostoli partecipano alla Resistenza e sette perdono la vita. Tra loro anche un sacerdote, mentre altri tre sacerdoti vengono imprigionati e rischiano la fucilazione per l’aiuto dato agli Ebrei.
Nel 1947 i Piccoli Apostoli, sparsi in varie località del modenese, occupano l’ex campo di concentramento di Fossoli che trasformano nella città “dove la fraternità è legge”: Nomadelfia.
Si formano le prime famiglie di sposi, disposti anch’essi ad accogliere come figli i fanciulli in stato di abbandono.
Nel febbraio 1948 i Nomadelfi approvano e sottoscrivono sull’altare la loro Costituzione. Poco dopo 120 bambini del brefotrofio di Roma vengono accolti a Nomadelfia.
Nel 1950 don Zeno propone al popolo una nuova politica con il “Movimento della Fraternità Umana”, ma questo impegno gli fa crescere attorno ostilità e contrasti.
Il 5 febbraio 1952, con un decreto del S. Ufficio, don Zeno viene allontanato e la Comunità è sciolta.
Alla fine del 1953 chiede ed ottiene pro-gratia la riduzione allo stato laicale per poter continuare a vivere come padre del suo popolo.
Nel 1962 don Zeno riprende l’esercizio del sacerdozio e Nomadelfia viene eretta a parrocchia.
Gli ultimi anni sono anni sempre permeati dall’ansia di andare al popolo per proporre una strada diversa. Nascono iniziative come le Serate, la Nomade, la Carovana, il teatro-tenda.
Il 12 agosto 1980 don Zeno con i figli di Nomadelfia offre una Serata di danze al Papa Giovanni Paolo II a Castel Gandolfo e, pochi mesi dopo quell’abbraccio, muore a Nomadelfia il 15 gennaio 1981.
Dopo la morte del fondatore, Nomadelfia ha continuato sulla strada che don Zeno ha tracciato. E domenica 21 maggio 1989 Papa Giovanni Paolo II è a Nomadelfia. Tra l’altro in quella occasione dice: “Siete una parrocchia che si ispira al modello descritto dagli Atti degli Apostoli… Una società che prepara le sue leggi ispirandosi agli ideali predicati da Cristo. Vi chiedo di amare la Chiesa, poiché anch’essa vi ama ed apprezza la vostra esperienza”.
I nomadelfi hanno portato a termine negli anni ’90 il lavoro di fusione delle costituzioni e la costituzione è stata definitivamente approvata dalla S. Sede il 18 giugno 2000. Era l’anno centenario della nascita di don Zeno.
Il 10 maggio 2018 anche papa Francesco è venuto a Nomadelfia e l’ha definita “una realtà profetica che si propone di realizzare una nuova civiltà, attuando il Vangelo come forma di vita buona e bella”.

Nomadelfia un piccolo popolo comunitario

È una popolazione di 300 persone, 50 famiglie, che attualmente hanno costituito un piccolo paese su un territorio di 4 Km2 in Toscana vicino a Grosseto. È un popolo diverso, “nuovo”, perché formato da persone volontarie: cattolici che vivono insieme con lo scopo di costruire una nuova civiltà fondata sul Vangelo.
Per la Chiesa è una “associazione privata” e una parrocchia comunitaria.
Per lo Stato è un’associazione civile.
Nomadelfia è un piccolo popolo comunitario, più che una comunità. Ha una sua storia, una sua cultura, una sua legge, un suo linguaggio, un suo costume di vita, una sua tradizione. È una popolazione con tutte le componenti: uomini, donne, sacerdoti, famiglie, figli.
È un popolo fondato sulla libertà. Nomadelfi non si nasce, si diventa per libera scelta. Coloro che desiderano diventare nomadelfi, compresi gli stessi figli, devono chiedere di essere ammessi ad un periodo di prova della durata di tre anni. Al termine, se accettati, firmano la Costituzione sull’altare davanti a tutto il popolo.
Chi si fa nomadelfo si impegna per tutta la vita. Tuttavia è libero di ritirarsi in qualsiasi momento.
È un popolo fondato sulla comunione fraterna dei beni. Tutti i beni sono in comune.
Le risorse economiche provengono dal lavoro, dai contributi assistenziali per i figli accolti, e dalla Provvidenza, specialmente attraverso le attività di apostolato: stampa, Serate, incontri.

È un popolo fondato sulla generosità.

I nomadelfi accettano una vita per gli altri, obbedienti alle disposizioni degli organi competenti e disponibili a qualsiasi iniziativa, lavoro, spostamento.

È un popolo fondato sulla fede.

La comunità, la libertà, la generosità trovano la loro sorgente nella fede. I nomadelfi sono cattolici praticanti e la Chiesa li ha costituiti in parrocchia nel 1962.

È un popolo con una Costituzione.

Per lo Stato italiano Nomadelfia è un’associazione civile, organizzata sotto forma di cooperativa di lavoro.
Internamente vige una Costituzione che nei valori si ispira al Vangelo e nell’organizzazione si richiama ai principi degli Stati di diritto.
È una democrazia diretta, nella quale tutti i membri effettivi partecipano in Assemblea all’approvazione delle leggi, prendono le decisioni più importanti, rinnovano le cariche costituzionali.
Il potere esecutivo è esercitato dalla Presidenza, che organizza la vita quotidiana, compone i gruppi familiari, accoglie e affida figli alle famiglie, ammette nuovi postulanti, assegna il lavoro alle singole persone. Il Consiglio Amministrativo cura l’amministrazione.
Il Consiglio degli Anziani elegge e controlla l’Economato, e arbitra in caso di mancata unanimità dell’Assemblea.
Il Collegio dei Giudici interviene nei casi di contrasto e di incoerenza. Chi sbaglia è perdonato purché si penta.
Il Successore del fondatore è un sacerdote. Garantisce che la vita si svolga in armonia con lo spirito del fondatore, del Vangelo e della Costituzione.

Una famiglia di famiglie: i gruppi familiari

Le famiglie sono aperte all’accoglienza di figli in affido e vivono assieme ad altre quattro o cinque nel “gruppo familiare”. Il gruppo familiare è la realtà fondamentale di Nomadelfia, è una soluzione perché una famiglia è di sostegno all’altra, specialmente nell’attenzione alle persone più deboli: i bambini e gli anziani. Oltre alle famiglie di coniugi ci sono le famiglie di mamme di vocazione, donne che abbracciano la verginità per donare la maternità a figli che ne hanno bisogno.
I figli accolti sono consegnati all’altare alle mamme di vocazione e agli sposi con le parole che Gesù ha rivolto dalla croce alla Madonna e a Giovanni: “Donna, ecco tuo figlio. Figlio, ecco tua madre”.
Uno dei principi fondamentali è la condivisione educativa: uomini e donne sono tenuti ad esercitare la paternità e la maternità su tutti i figli, anche su quelli che non appartengono alla loro famiglia. Devono quindi trattarli alla pari e intervenire nell’educazione di tutti secondo una linea pedagogica comune, ispirata al Vangelo.
Una volta raggiunta la maggiore età, i figli sono liberi di rimanere oppure di uscire dalla comunità. In questo caso vengono aiutati a sistemarsi.
In Nomadelfia non esiste proprietà privata, ma nella fraternità tutti i beni sono in comune secondo la preghiera di Gesù all’Ultima Cena: “Padre, tutto quello che è mio è tuo, tutto quello che è tuo è mio, così siano essi…”.

Lavoro: un atto d’amore

Un lavoro senza padroni e senza dipendenti.
Nel lavoro è nata una soluzione sociale che supera il dualismo “padrone e operaio” ed anche le più avanzate esperienze di compartecipazione e di cooperativismo: la fraternità. I Nomadelfi lavorano nei laboratori, negli uffici, nelle scuole della comunità.
Un lavoro senza sfruttamento: tutti sono corresponsabili.
Le attività di lavoro vengono gestite fraternamente e non è ammessa nessuna forma di sfruttamento dell’uomo sull’uomo.
La presidenza nomina per ogni attività un responsabile, che dovrà gestirla in armonia con le altre attività della popolazione.
Per ogni lavoro è importante la disponibilità.
Non c’è carriera e tutti sono disponibili a qualsiasi tipo di lavoro al quale sono indirizzati dalla presidenza, che, logicamente, tiene conto sia delle esigenze delle comunità sia delle capacità personali.
A particolari lavori, come ad esempio la guardia notturna, la stalla nei giorni festivi, il servizio di autobus interno o l’accompagnamento delle comitive di visitatori, partecipano a turno tutte le persone idonee.
Nessuno è pagato. Anzi, non c’è alcuna forma di proprietà privata, ma solo l’uso dei beni. In Nomadelfia non esiste il disoccupato; diversamente abili e anziani continuano a lavorare in proporzione alle loro possibilità. Nessuno perciò si sente inutile.
Per risolvere il problema dei lavori stagionali (come la potatura, la vendemmia, la raccolta delle olive), pesanti (come lo spietramento dei campi, la manutenzione delle strade), e ripetitivi si organizzano “lavori di massa” ai quali tutta la popolazione partecipa.
Con attrezzature meccaniche e con lavori di massa si è costruita una diga con un laghetto artificiale di 300.000 m3 e una rete di irrigazione.
Orari di lavoro: durante i giorni feriali, compreso il sabato, i nomadelfi lavorano al mattino per 5 ore nelle aziende, nei laboratori, nelle scuole, negli uffici. Al pomeriggio il lavoro specializzato può essere sostituito da “lavori di massa”.

Cultura vivente

La cultura di Nomadelfia deriva da un patrimonio di fede, di conoscenze e di esperienze, che spingono all’amore per il prossimo e alla costruzione di una società nuova.
Per don Zeno, però, possedere una cultura non significa soltanto “conoscere”, ma vivere ciò che si conosce: è il concetto di “cultura vivente”, un impegno alla coerenza.
Ogni giorno, dopo il lavoro, i Nomadelfi si radunano in una sala comune per un’ora di studio e di riflessione. Per approfondire la propria missione si riascoltano specialmente i discorsi di don Zeno, ai quali seguono riflessioni comunitarie. A volte si studiano i problemi della società attraverso documentari o relazioni di qualche nomadelfo preparato sull’argomento, o partecipando a conferenze di personalità esterne.
È una forma di educazione permanente alla quale partecipano spesso anche i figli.
Questo impegno quotidiano è completato ogni anno da un corso di esercizi spirituali di dieci giorni, per mettere a fuoco gli aspetti fondamentali di Nomadelfia e per rivedere la propria vita.

La scuola familiare

La scuola di Nomadelfia è “familiare”. È nata nel 1968, quando i genitori hanno ottenuto dal Ministero della Pubblica Istruzione di potere istruire i figli sotto la propria responsabilità, con l’obbligo di presentare i figli come privatisti agli esami di Stato di quinta elementare e terza media.

Scuola “vivente”.
È “vivente” perché ogni momento della vita è scuola in quanto l’ambiente familiare, sociale e naturale nel quale i ragazzi vivono è di per sé educativo. I gruppi di scuola si chiamano “cicli” e sono generalmente omogenei per età, interessi ed esperienze.
Non esistono voti e non ci sono né promozioni né bocciature. I programmi sono sviluppati secondo le linee pedagogiche di Nomadelfia.
La frequenza scolastica è obbligatoria fino a 18 anni. Se poi lo desiderano, i figli si presentano presso le scuole pubbliche per sostenere gli esami di maturità.

Scuola di popolo.
Ogni ciclo è affidato a uno o due “coordinatori”. Nelle superiori collaborano altri adulti e anche insegnanti esterni per materie specifiche.
Numerose sono le visite a città e paesi, per studiare la vita dei vari popoli. Gli scritti e i disegni, nati dalle riflessioni e dalle osservazioni dei ragazzi, vengono raccolti in libri sui quali si rivivono le esperienze fatte. Tutto questo materiale viene presentato agli esami di Stato, destando vivo interesse.
Notevole importanza riveste la scuola di danza che prepara bambini e giovani alle “Serate di Nomadelfia”.

Nomadelfia è una proposta

Nomadelfia non vive per se stessa, ma per gli altri. È aperta verso la società, poiché di essa si interessa concretamente prendendosi cura in particolare dei minori abbandonati, e creando diverse iniziative di apostolato per diffondere il suo messaggio di fraternità, rivolto a tutti, credenti e non credenti.

Una proposta per i visitatori.
Nomadelfia è aperta a tutti ed ospita ogni anno, in periodi non di emergenza Covid, circa 10.000 visitatori che vengono accompagnati da nomadelfi messi a loro disposizione per illustrarne struttura e finalità. Alcuni chiedono di rimanere per qualche giorno e vengono ospitati nei gruppi familiari, partecipando alla vita quotidiana della comunità.

Una proposta con gli incontri.
Numerose sono le richieste di incontri nelle scuole, nelle parrocchie, presso associazioni in tutta Italia, che desiderano conoscere l’esperienza di Nomadelfia.

Una proposta con le “Serate”.
Don Zeno si è fatto promotore di varie iniziative in favore del popolo.
L’iniziativa che da più di 30 anni impegna la maggior parte dei nomadelfi è denominata “Serate di Nomadelfia”, che ha superato le 1000 repliche.
Le Serate sono incontri con le popolazioni per conoscerle e farsi conoscere. Con questi spettacoli i nomadelfi portano il Vangelo sulle piazze, non come singoli, bensì come popolo che dà una testimonianza della propria vita. Assieme a un momento di riflessione sulla proposta di Nomadelfia attraverso un documentario e un discorso sul tema “Il Vangelo è codice del vivere”, si offrono due ore di gioia con danze e figurazioni acrobatiche eseguite dai bambini e dai giovani.