Papa Francesco nella terra di Abramo
Un nuovo passo verso la fratellanza tra i credenti. Così Papa Francesco ha definito il suo pellegrinaggio di tre giorni in Iraq, dal 5 all’8 marzo, con un pensiero rivolto anche a Giovanni Paolo II, al quale fu vietato nel 2000 l’ingresso a causa della guerra. A distanza di 21 anni, Papa Francesco realizza questo grande desiderio di Papa Wojtyla e si spinge a visitare un Paese dove finora nessun Pontefice era mai giunto. E’ il 33.mo viaggio apostolico del Santo Padre Francesco, ma anche il primo dell’era pandemica, in un Paese a maggioranza sciita e martoriato dall’instabilità politica, ma che assume, per i cristiani, un valore simbolico perché fu proprio nell’attuale Iraq che Dio scelse Abramo per il suo progetto divino che fu l’inizio della salvezza dell’umanità. E sarà proprio la piana di Ur, luogo di nascita di Abramo, dove sono ancora visibili frammenti delle mura della sua casa, e centro di rilievo della civiltà sumera, una delle tappe più importanti di Papa Francesco per un dialogo di fede in un incontro interreligioso tra le tre religioni monoteiste.
Con il motto “Siete tutti fratelli”, tratto dal Vangelo di Matteo, e con il logo raffigurante il Papa che saluta il Paese che lo ospiterà, rappresentato con i suoi simboli della palma e dei fiumi Tigri ed Eufrate, accompagnati da una colomba bianca con un ramoscello d’ulivo in bocca che vola sulle bandiere della Santa Sede, Papa Francesco, dopo 15 mesi dall’ultimo viaggio in Giappone, nel novembre 2019, ritorna a percorrere il cammino della pace, fratello tra i fratelli, come gesto d’amore estremo per i cristiani.
Affidando per intero la sua sicurezza personale al Governo iracheno, Papa Francesco si reca in Iraq, tuttora teatro di tensioni e di atti terroristici, dove si stima che siano rimasti soltanto circa 300mila cristiani e dove molte Chiese sono state trasformate in tribunali e prigioni o profanate dai bombardamenti.
E’ una Bagdad blindata quella che ha accolto venerdì 5 marzo Papa Francesco al suo arrivo in aeroporto, dove ad attenderlo era il Primo Ministro, con le strade sorvegliate da militari e polizia. Così come blindata è stata l’auto che l’ha condotto al Palazzo presidenziale, per il primo incontro del giorno con il Capo dello Stato. “Basta violenze, estremismi, fazioni, intolleranze”. Sono queste le parole pronunciate da Papa Francesco nel suo primo discorso rivolto alle autorità e ai politici presenti nel Palazzo presidenziale. “Vengo come pellegrino di pace, in nome di Cristo principe della pace”. A seguire il trasferimento presso la Cattedrale siro-cattolica di Sayidat al-Nejat (Nostra Signora della Salvezza), dove nell’ottobre del 2010 furono uccisi 48 fedeli e 2 sacerdoti in un attacco terroristico. “Possa il ricordo del loro sacrificio – ha detto Papa Francesco rivolto ai sacerdoti, religiosi, seminaristi, catechisti e rappresentanti delle Chiese orientali presenti – ispirarci a rinnovare la nostra fiducia nella forza della Croce e del suo messaggio salvifico di perdono, riconciliazione e rinascita”.

(AP Photo/Vatican Media)
Sabato 6 marzo è iniziato con la visita del Papa al Grande Ayatollah Alì Al-Sistani a Najaf, una delle città più sacre dell’Islam sciita, momento storico perché è la prima volta che un Pontefice incontra la massima autorità religiosa degli sciiti. Al centro del colloquio, in una stanzetta spoglia della residenza dell’Ayatollah, l’importanza della convivenza pacifica e le grandi sfide dell’umanità per porre fine alle ingiustizie, all’oppressione, alla povertà, alla persecuzione ideologica e religiosa. Non disgiunte dalla collaborazione per incrementare l’amicizia tra le comunità religiose, perché coltivando il rispetto reciproco e il dialogo si possa contribuire al bene dell’Iraq e dell’intera umanità. Si è poi spostato nella piana di UR, terra di Abramo, per un incontro interreligioso, dove il Papa è intervenuto per rimarcare che “non possiamo tacere quando il terrorismo abusa della religione. Non permettiamo che la luce del cielio sia coperta dalle nuvole dell’odio”. Al termine dell’incontro interreligioso, ebrei, cristiani e musulmani hanno elevato a Dio una preghiera comune affinché, come figli di Abramo, apra i nostri cuori al perdono reciproco, accolga nella sua dimora di pace le vittime della violenza e delle guerre, sostenga le nostre mani nella ricostruzione di questo Paese. Rientro, infine, a Bagdad per celebrare, in rito caldeo, la Santa Messa nella Cattedrale di San Giuseppe, con la presenza del Presidente iracheno Baraham Salih, accompagnato dalla moglie. Il Governo iracheno ha dichiarato l’8 marzo “Giornata Nazionale della Tolleranza e della Coesistenza”.

(AP Photo/Andrew Medichini)
Domenica 7 marzo la visita apostolica di Papa Francesco si è articolata tra il Kurdistan iracheno e la piana di Ninive, area che fa da sfondo a diverse vicende bibliche ma divenuta famosa per le persecuzioni nei confronti dei cristiani. Dapprima per un incontro a Erbil con le Autorità religiose e civili e poi a Mosul, ex roccaforte dell’Isis, dove Papa Francesco si è soffermato in preghiera in suffragio delle vittime della guerra e del terrorismo. “Oggi, – ha rimarcato il Pontefice – malgrado tutto riaffermiamo la nostra convinzione che la fraternità è più forte del fratricidio, che la speranza è più forte della morte, che la pace è più forte della guerra”. A Qaraqosh, città dell’Iraq a maggioranza cristiana, nella piana di Ninive, Papa Francesco ha recitato l’Angelus e tenuto un sermone alla Comunità locale nella Chiesa dell’Immacolata Concezione, devastata dalla furia dell’Isis e poi ricostruita, con un richiamo, ancora una volta, a non usare le armi che provocano soltanto distruzioni e sofferenze: “Questo nostro incontro dimostra che il terrorismo e la morte non hanno mai l’ultima parola”. Infine, il trasferimento a Erbil per la celebrazione della Santa Messa nello stadio “Franso Hariri”, con oltre 10.000 persone sparse sul prato e sugli spalti, ultimo atto ufficiale della visita in Iraq. Il rientro, quindi, a Bagdad, da dove ripartirà per Roma il mattino dell’8 marzo..
Il viaggio apostolico in Iraq di Papa Francesco, da molti definito storico, ma anche coraggioso e rischioso, ha destato larga eco sulla stampa nazionale ed estera. Per noi cristiani l’umile pellegrinaggio di Papa Francesco in Iraq è stato soprattutto un grande gesto d’amore, di speranza e di pace, la testimonianza della presenza della Chiesa universale per un futuro orientato alla fraternità e al rispetto dei diritti umani, l’apertura di nuovi orizzonti per un mondo senza odio e senza violenze.
Cosimo Lasorsa