Online il numero della rivista Vocazioni

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IN QUESTO NUMERO

Fino all’orlo (Gv 2,7b)

di Gianluca Carrega

Il vangelo dice così, che i servi riempirono le anfore fino all’orlo, con una espressione che non solo non si trova altrove nei vangeli, ma neppure in tutta la Scrittura. Dovrà pure voler dire qualcosa. Perché è un fatto che il riempimento serve, a livello narrativo, a prevenire i dubbi…

COPERTINA

L’abbraccio tra l’uomo e Dio

di Federico De Rosa

EDITORIALE

Limiti

di Michele Gianola

DOSSIER

Voglio o forse non voglio

di Cesare Vaiani

DOSSIER

Dagli occhi alle mani

di Maria Grazia Borgese

DOSSIER

Barriera o chiamata

di Lucio Rossi

DOSSIER

Accompagnamento

di Angelo Stella

DOSSIER

Educazione finanziaria per la crescita delle persone e della società

di Pietro Gaudenzi

INSERTI

La speranza fiorirà all’improvviso

di Michele Gianola

RUBRICHE

Parola di Dio, fontana inesauribile

di Massimo Pampaloni

FONTI

Il buon pastore

di Donato Ogliari

INSERTI

Fare verità e memoria

di Massimo Giraldi, Sergio Perugini

RUBRICHE

Dietrich von Hildebrand

di Lodovica Maria Zanet

INSERTI

Incontri, luoghi, persone

di Raffaella Bencivenga, Daniele Wlderk

INSERTI

Incontri, luoghi, persone – Attività laboratoriali

di Raffaella Bencivenga, Maria Grazia Vergari, Daniele Wlderk

RUBRICHE

Gioia piena alla Tua presenza (Sal 15,11)

di Emanuele Marigliano

RUBRICHE

Antologia di testi

di Emanuele Marigliano

RUBRICHE

La televisione

di Silvio Grasselli

MEDIA

La televisione – Approfondimenti

di Maria Mascheretti, Silvio Grasselli

INSERTI

Pro-vocati all’amore

di Emanuela Vinai

RUBRICHE

La Via Micaelica

di Gionatan De Marco, Gaia Martina Ferrara

MEDIA

05. Maria, la ragazza di Nazareth

di Sorelle Clarisse di Bergamo

MEDIA

06. Lo Spirito dà la vita

di Sorelle Clarisse di Bergamo

Limiti

di don Michele Gianola

«Appena i portatori dell’arca furono arrivati al Giordano e i piedi dei sacerdoti che portavano l’arca si immersero al limite delle acque – il Giordano infatti è colmo fino alle sponde durante tutto il tempo della mietitura –, le acque che scorrevano da monte si fermarono e si levarono come un solo argine molto lungo […]. Le acque che scorrevano verso il mare dell’Araba, Mar Morto, si staccarono completamente. Così il popolo attraversò di fronte a Gerico» (Gs 3,14-16).

È strano come il concetto del limite abbia per noi un’accezione negativa con la quale non amiamo avere a che fare. Eppure, molto spesso, nella Scrittura il limite porta con sé la possibilità di vedere compiersi la promessa dell’agire di Dio. È il mistero contenuto in quella frazione di secondo che passa tra il sollevarsi del piede del primo sacerdote e il suo immergersi nelle acque del Giordano. Un intervallo lungo il tempo di un passo ma carico di quel composto unico e vitale fatto del mischiarsi della volontà di Dio e della nostra; fatto di quella fede reciproca – paradossalmente, la nostra e quella di Dio – che brilla in quel gesto nel quale risuona, da entrambe le parti, il desiderio misto alla trepidazione: «Coraggio, mi fido di te!». È questa la parola nascosta nell’intimo di chi compie ogni passo e silenziosamente rivolta a Dio, senza parole; è la medesima parola nascosta nel cuore di Dio che osserva trepidante il sollevarsi di quel piede, l’intuire di Eli (1Sam 3,8), l’ornarsi di Giuditta (Gdt 10,3-5), il socchiudersi delle labbra di Maria (Lc 1,38). È la parola nascosta nel passo possibile – non importa quanto grande o piccolo sia – che ciascuno di noi può fare.

«Quando alcuni [che si credono cristiani] si rivolgono ai deboli dicendo che con la grazia di Dio tutto è possibile, in fondo sono soliti trasmettere l’idea che tutto si può fare con la volontà umana, come se essa fosse qualcosa di puro, perfetto, onnipotente, a cui si aggiunge la grazia. Si pretende di ignorare che non tutti possono tutto e che in questa vita le fragilità umane non sono guarite completamente e una volta per tutte dalla grazia. In qualsiasi caso, come insegnava sant’Agostino, Dio ti invita a fare quello che puoi […]» (Francesco, Gaudete et exsultate, 49).

Così è della vocazione: l’esigenza di riconoscere il bene possibile che posso compiere (cf. Francesco, Christus vivit, 285) il passo che posso fare, l’acqua con la quale posso riempire le mie giare «fino all’orlo» (Gv 2,7) per vederla trasformata in opera di Dio. Nella vocazione tutto segue questa logica offertoriale, perché è la medesima dell’agire di Dio, sempre in sinergia con l’uomo: viene al battesimo un uomo vecchio e diventa nuovo, giunge un peccatore e ritorna guarito, arrivano un uomo e una donna e si forma una carne sola, si portano all’altare il pane, il vino e la vita e ci viene donato il Corpo di Cristo.