Online il numero della rivista Vocazioni

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IN QUESTO NUMERO

Chi è come il Signore, nostro Dio? (Sal 113,5)

di Laura Invernizzi

È una domanda retorica: chi può essere come Dio? Eppure, questa domanda, che tra lode e meraviglia affiora, in varie forme, dalle pagine bibliche e che costella il dialogo della preghiera di coloro che fanno esperienza di Dio, racchiude un paradosso. Da un lato essa è espressione dell’incomparabilità e della…

Copertina

Perché giudicarmi?

di Federico De Rosa

Editoriale

Humor

di Michele Gianola

Dossier

Coltivare la terra dell’esistenza

di Gaia De Vecchi

Inserti

«Datevi al meglio della vita» (ChV 143)

di La Redazione

Dossier

La storia è maestra di vita

di Lorenzo Mancini

Dossier

Umiltà e umorismo

di Umberto Folena

Dossier

I colori dell’umiltà

di Maria Francesca Righi

Dossier

Dal fango alla creta

di Luca Buccheri

Rubriche

Sempre e solo Gesù Cristo

di Massimo Pampaloni

Fonti

La tomba vuota

di Donato Ogliari

Inserti

L’affanno degli ultimi

di Sergio Perugini, Eliana Ariola

Rubriche

Margherita Catez

di Lodovica Maria Zanet

Inserti

La memoria

di Raffaella Bencivenga, Daniele Wlderk

Inserti

La memoria – Attività laboratoriali

di Raffaella Bencivenga, Maria Grazia Vergari, Daniele Wlderk

Rubriche

Monaci, preti, sagrestani e missionari al seguito di Charles de Foucauld

di Oswaldo Curuchich

Fonti

La vocazione del Geraseno

di Charles De Foucauld

Rubriche

Il fumetto

di Silvio Grasselli

Media

Il fumetto – Approfondimenti

di Maria Mascheretti, Silvio Grasselli

Inserti

Speranza, fondamento di vocazione

di Emanuela Vinai

Rubriche

Cammino del Volto Santo

di Gaia Martina Ferrara, Gionatan De Marco

Media

04. Egli vive

di Sorelle Clarisse di Bergamo

Media

03. In amicizia con Cristo

di Sorelle Clarisse di Bergamo

Humor

di don Michele Gianola

«Sapete perché gli angeli volano? Perché si prendono alla leggera!» (G. Chesterton). Intrecciare umorismo e vocazione, a prima vista può apparire decisamente bizzarro. Eppure, la parola latina humor porta con sé il significato di succo, liquido, liquore e deriva da humere, essere bagnato, umido. In fondo, la medesima radice di humus, quel miscuglio di sostanze organiche che impregnano il terreno rendendolo fecondo.

Come non pensare all’acqua nella quale siamo stati immersi il giorno del nostro Battesimo e nella quale la nostra terra polverosa – la nostra ‘adama – si è inzuppata dello Spirito di Dio come un biscotto per colazione. Come non ricordare quello sputo divino (Gv 9,6) che ha guarito gli occhi al cieco impastando il fango di una nuova creazione; come non immaginare quel vento caldo e umido – così il sapore del termine ebraico – soffiato nelle radici del primo fantoccio di uomo (Gen 2,7) per renderlo vivente.

Anche umiltà viene dalla stessa radice: rimanda alla terra. Proprio scoprendosi terra, mischiandosi nella comune pasta del mondo, sentendosi «intimamente uniti a tutto ciò che esiste» (cf. Francesco, Laudato si’, 11) riconosceremo la nostra vocazione: il contributo originale che ciascuno di noi può dare, la missione che siamo, il piccolo o grande tassello che nella storia va a comporre – insieme agli altri – il grande mosaico dell’opera di Dio.

Sentirsi parte del tutto – fatti di terra – ci permette di guadagnare la giusta misura di noi stessi: un’idea né troppo grande, né troppo piccola di sé, per imparare a non presumere di se stessi ma anche a non esimerci dall’assunzione delle nostre responsabilità, dalla nostra vocazione. «Il santo è capace di vivere con gioia e senso dell’umorismo. Senza perdere il realismo, illumina gli altri con spirito positivo e ricco di speranza. Essere cristiani è gioia nello Spirito Santo (Rm 14,17) […] per cui alla carità segue la gioia» (Francesco, Gaudete et exsultate, 122).

Coraggio, allora! La giusta misura di se stessi è anzitutto quella del riconoscersi figli. La scoperta che da soli o gli uni contro gli altri la vita torna ad essere fatta di polvere soltanto, si secca, si inaridisce, muore. Si tratta di coltivare il Buon Umore, lasciarsi versare nel grembo (Lc 6,38) della nostra persona e delle nostre comunità l’acqua buona dello Spirito senza avvelenarla o renderla nuovamente stantia con il peccato, l’ambizione, la solitudine, la divisione.