Le parole della vocazione: gratitudine, coraggio, fatica e lode

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LE PAROLE DELLA VOCAZIONE NEL MESSAGGIO DI PAPA FRANCESCO PER LA GIORNATA MONDIALE DI PREGHIERA PER LE VOCAZIONI

 

“La chiamata di Dio non è una ingerenza della nostra libertà ma l’offerta di entrare in un progetto di vita, in una promessa di bene e felicità: non siate sordi a questa chiamata”. Queste le parole che Papa Francesco aveva pronunciato in occasione della Giornata Mondiale per le Vocazioni del 2019, con l’invito ad avere il coraggio di rischiare per la promessa di Dio. Perché la chiamata del Signore, come quella rievocata nel passo del Vangelo alle due coppie di fratelli, Simone e Andrea con Giacomo e Giovanni, che stanno svolgendo il loro lavoro quotidiano di pescatori, non è una intromissione interessata ma, al contrario, è l’iniziativa amorevole con cui Dio ci viene incontro e ci invita ad entrare in un disegno più grande, del quale vuole renderci partecipi, prospettandoci l’orizzonte di un mare più ampio e di una pesca sovrabbondante.

Gratitudine, coraggio, fatica e lode sono, invece, gli insegnamenti che Papa Francesco ha voluto evidenziare nel suo messaggio dell’8 marzo 2020 per la 57^ Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni che avrà luogo il prossimo il 3   maggio sul tema: “Le parole della Vocazione”. Allacciandosi anche questa volta alla pagina del Vangelo di Matteo in cui Gesù cammina sulle acque in tempesta del lago di Tiberiade, per andare incontro ai suoi apostoli impauriti, con l’ordine al vento di cessare e alle onde di placarsi.

Gratitudine, perché “navigare verso la rotta giusta” non è un compito affidato soltanto ai nostri sforzi né dipende solo dai percorsi che scegliamo di fare, e i nostri progetti di vita non sono il risultato di “ciò che decidiamo dentro un io isolato”, ma sono, prima di tutto, “la risposta a una chiamata che viene dall’Alto perché è il Signore che ci indica la riva”. Ogni Vocazione, ci ricorda Papa Francesco, nasce da quello sguardo amorevole con cui il Signore ci è venuto incontro, magari proprio mentre la nostra barca era in preda alla tempesta. L’immagine della traversata del lago di Tiberiade in tempesta “evoca in qualche modo il viaggio della nostra esistenza”. La barca della nostra vita avanza, infatti, sempre inquieta perché alla ricerca di un approdo felice, pronta ad affrontare i rischi e le opportunità del mare, ma anche desiderosa di ricevere dal timoniere una virata che conduca finalmente verso la giusta rotta. Un termine “gratitudine” che Papa Francesco ha evocato più volte anche nel passato perché la gratitudine, per un credente, come affermato nell’Udienza generale del 13 maggio 2015, è nel cuore stesso della fede. O, come quando rivolgendosi ai sacerdoti in occasione del 160° anniversario della morte del Santo Curato D’ars, il 4 agosto 2019, ha dichiarato che la gratitudine è sempre un’arma potente affinché lo Spirito ci possa donare quell’aria fresca di rinnovare, e non rattoppare, la nostra vita e missione.

Coraggio, perché la prima reazione dei discepoli sulla barca nelle acque in tempesta è la paura, una paura che fa loro scambiare Gesù che cammina sulle acque per un fantasma, prima di accorgersi che Gesù è verità e vita e va loro incontro per esortarli ad avere coraggio.  Dice Papa Francesco: “Ciò che spesso ci impedisce di camminare, di crescere, di scegliere la strada che il Signore traccia per noi sono i fantasmi che si agitano nel nostro cuore”. E’ la tentazione del “fantasma dell’incredulità”, che arriva quando siamo chiamati a lasciare la nostra riva sicura e abbracciare uno stato di vita, come il matrimonio, il sacerdozio ordinato, la vita consacrata. “Sposarsi o consacrarsi in modo speciale al suo servizio, scrive Papa Francesco, richiede coraggio e il Signore lo sa”. Per questo ci dice: “Non avere paura, io sono con te”. Sono calcoli che ci confondono e ci fanno restare paralizzati sulla riva di partenza, ma il Signore sa che ci vuole coraggio, conosce i dubbi e le difficoltà che agitano la barca del nostro cuore e perciò ci rassicura. E questa rassicurazione ci libera dall’accidia, vale a dire dallo “scoraggiamento interiore che ci blocca e non ci permette di gustare la bellezza della vocazione”. Anche il coraggio è un tema più volte trattato da Papa Francesco, quel coraggio che ha chiesto ai giovani nella GMG del 2018 per portare avanti quello Dio ci chiede: il coraggio per abbracciare la Vocazione che Dio ci mostra. O, come quando rivolgendosi ai pastori della Chiesa nell’omelia della Messa mattutina a Santa Marta del 10 marzo 2020 prega il Signore affinché anche i sacerdoti abbiano il coraggio di uscire per andare incontro agli ammalati o per portare la Parola di Dio come segno di accompagnamento a quanti vivono le restrizioni del rischio del contagio per la pandemia che ci affligge in questi giorni.

Fatica, perché “ogni vocazione comporta un impegno”. Il Papa ritorna all’immagine di Gesù in mezzo alla tempesta per ribadire che anche “nella nostra vita e nei tumulti della storia” il Signore opera e ci salva. Rivolge, quindi, un pensiero a quanti assumono importanti compiti nella società civile, agli sposi che definisce “coraggiosi” e specialmente a coloro che abbracciano la vita consacrata e il sacerdozio. “Se ci lasciassimo travolgere dal pensiero delle responsabilità che ci attendono nella vita matrimoniale o nel ministero sacerdotale, o delle avversità che si presenteranno, allora distoglieremmo presto lo sguardo da Gesù e rischiamo di affondare”. Papa Francesco rassicura, infine, i sacerdoti: “Conosco la vostra fatica, le solitudini che a volte appesantiscono il cuore, il rischio dell’abitudine che piano piano spegne il fuoco ardente della chiamata, il fardello dell’incertezza e della precarietà dei nostri tempi, la paura del futuro. Coraggio, non abbiate paura”. Non avere paura, quindi, della fatica per le Vocazioni perché Gesù è accanto a noi e se lo riconosciamo come unico Signore della nostra vita, Egli ci tende la mano e ci afferra per salvarci. Un richiamo del Papa a quella fatica che è preziosa per Gesù a fronte della pigrizia che è un intralcio lungo la via della santità. Perché essere pigri, come il Santo Padre aveva già ricordato nella meditazione dell’11 novembre 2104 della Messa a Santa Marta, rende tiepido il cuore e non consente di intraprendere adeguatamente la strada del servizio. Ci vuole la fatica per fare sempre il bene e diventare santi.

Lode, perché la lode a Dio ci salva. Gesù tende la sua mano e ci salva: la lode ne è, quindi, una conseguenza. Parola che Papa Francesco collega all’atteggiamento interiore di Maria che “grata per lo sguardo di Dio” su di Lei, vivendo di sola fede “ha fatto della sua vita un eterno canto di lode al Signore”. Una riflessione che riprende quella già trasmessa con la lettera del 4 agosto 2109, nella quale declama Maria come donna che ci insegna la lode, capace di aprire lo sguardo al futuro e restituire speranza al presente. Il Santo Padre conclude invitando tutta la Chiesa a compiere questo stesso cammino perché ognuno di noi possa scoprire e accettare la chiamata di Dio e “offrire la propria vita come cantico di lode per Dio, per i fratelli e per il mondo intero”.

 

Cosimo Lasorsa

 

 

1 commento
  1. Marco Giraldi
    Marco Giraldi dice:

    Siamo vicini alla Cinquantasettesima Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni sacerdotali introdotta nel lontano 1963 da San Paolo VI perchè le vocazioni sacerdotali stavano diminuendo seppure non fossimo ai livelli di oggi ma per richiamare ciascun cattolico compresi i consacrati e i religiosi a pregare il padrone di casa perchè mandi operai nella Messe del Signore perchè la Messe è tanta ma gli operai sono pochi ci ricorda il brano del Vangelo di Matteo(Mt 9,35-38) anche se prosegue con la chiamata dei dodici apostoli riportato anche dagli evangelisti Marco e Luca in quanto sono definiti “Vangeli Sinottici” ovvero simili fra di se perchè raccontano i fatti della vita di Gesù in maniera identica seppure uno scriva diversamente dall’altro. Nel messaggio di questa giornata mondiale per le vocazioni il Papa fa riferimento al brano del Vangelo di Matteo in cui Gesù cammin sulle acque placando la tempesta. Alla visione di questo miracolo Pietro chiede di andare verso Gesù ma quando le acque del Lago di Tiberiade si ingrossano e Pietro rischia di affogare chiede aiuto al Signore perchè lo salvi in maniera disperata e Gesù li risponde così: “Uomo di oca fede perchè hai dubitato?”(Mt 14,22-36). In questo messaggio cita quattro parole chiavi che sono: “Gratitudine, Coraggio, Fatica e Lode”. Da tutto ciò si capisce bene quella che è la missione a cui deve rispondere un vero cristiano alla chiamata del Signore. Come Gesù scelse i dodici discepoli che furono: Simone detto Pietro, Andrea, Giacomo, Giovanni, Filippo, Bartolomeo, Tommaso, Matteo il pubblicano che in origine si chiamava Levi, Giacomo di Alfeo, Simone il Galileo, Giuda Taddeo e Giuda Iscariota colui che lo tradirà durante la festa di Pasqua mentre Giacomo e Giovanni erano soprannominati “Bonerghes” ovvero “Figli del Tuono” come narra l’evangelista Marco(Mc 3, 7-19). Ora più che mai bisogna pregare per le vocazioni perchè lo storico Seminario Vescovile di Prato che esiste da ben 338 anni quindi dal 1682 per volontà dell’allora Vescovo Residenziale Monsignor Gherardo Gherardi che fu Vescovo per ben Undici Anni dal 10 Aprile 1679 fino al 16 Gennaio 1690 può rischiare la chiusura perchè ci sono soltanto cinque seminaristi di cui quattro sono prossimi a ricevere il Ministero del Diaconato ed in seguito quello Sacerdotale e poi resta soltanto un seminarista che sicuramente andrà nel Seminario Vescovile di Firenze visto che ci sono quasi cinquanta seminaristi fra cui l’ultimo arrivato è un pratese. La missione serrana continua ma senza seminaristi le cose diventano più difficili ma le cose difficili richiedono un’impegno maggiore seguito da una fatica più grande così da poter rendere lode e grazie al Signore esattamente come dice il ritornello del Salmo Biblico 102 della Liturgia di Oggi: “Benedici il Signore anima mia”. Preghiamo perchè è giunta al termina la Fase 1 del corona virus ma da Lunedì 4 Maggio inizia la Fase 2 che è quella della riapertura dei luoghi di lavoro e di ritorno nei luoghi di culto per le funzioni religiose seppure con cautela e seguendo sempre le giuste precauzioni ma la speranza è di tornare alla vita normale seppure non torni tutto ma come prima ma abbiamo bisogno di riprendere le nostre routine dopo un mese e mezzo di quarantena

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