Suora-medico da navi migranti a’trincea’ Bergamo
Fonte: Ansa
Suor Angela è un medico e non è la prima volta a trovarsi in ‘trincea’. Lo aveva fatto già imbarcandosi sulle navi della Guardia Costiera per soccorrere i migranti in mare. Oggi è in prima linea contro il Covid-19: coperta dalla testa ai piedi visita i malati di Bergamo che possono essere curati a casa, visto che gli ospedali sono pieni.
Suor Angela Bipendu, 46 anni, è nata a Kananga, nella Repubblica Democratica del Congo, ed arriva dalla diocesi di Luiza. Da 24 anni è una religiosa della congregazione delle Discepole del Redentore, e da 16 è in Italia dove si è laureata in medicina all’Università di Palermo. Ora è a Bergamo: “quando ho sentito che cosa stava accadendo mi sono fatta avanti”, racconta in una intervista all’ANSA. Deve bardarsi completamente e, con i dispositivi di protezione che ha a disposizione, riesce a visitare 4-5 pazienti al giorno. “Magari avessi più mezzi per proteggermi, potrei visitarne anche più malati al giorno”. “Vedo tristezza, angoscia, paura. Sono tutti in quarantena, separati dai familiari. Io mi presento sempre: dico loro che, oltre ad essere un medico, sono una suora. Do loro una parola di conforto, un segno di speranza perché sono disperati”.
Suor Angela aveva già visto la disperazione negli occhi della gente sulle navi della Guardia Costiera di soccorso ai migranti dal 2016 al 2018. “Ho curato ipotermie, ustioni. Ma ho anche assistito donne partorire” dice ricordando quell’altra emergenza che l’ha vista in prima linea come medico volontario del Corpo italiano di Soccorso dell’Ordine di Malta. Lei emblema di quella ‘Chiesa in uscita’ cara a Papa Francesco.
E la religiosa pensa anche al suo Paese che appena un mese fa ha visto guarire l’ultimo paziente di ebola. “Io ero in Italia e la mia famiglia vive in una regione che non era stata toccata da questa malattia – dice riferendosi ad ebola -. Oggi mi preoccupa molto il Covid. Sento la mia famiglia e mi dice che se non moriranno di coronavirus il rischio è che moriranno di fame. E’ difficile stare 2-3 settimane, un mese a casa, in un Paese in cui si vive giorno per giorno”.
“Qui in Italia parecchi malati hanno paura che non torneranno alla vita di prima. Ma io dico sempre: la vita riprenderà, questo male così come è arrivato se ne andrà. Resteranno le ferite ma si ricomincerà”.
Nel bergamasco è ospite delle madri Canossiane ma in questi giorni vive da sola in una stanza della loro foresteria. Sono quattro le suore e sono anziane. “Non posso farle rischiare, però le vado a trovare al convento di Almé, le chiamo, dico loro di affacciarsi alla finestra. Sono contente di vedermi anche da lontano. Loro pregano per me e in fondo in questo modo è tutta la comunità ad essere impegnata in questa lotta”.(ANSA).