Club di Ferrara. Il messaggio di don Salvoldi ai serrani per il 50° di sacerdozio

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Don Valentino Salvoldi è stato nostro ospite Lunedì 20 Novembre 2017 in occasione di un Incontro Conviviale che il Serra Club Ferrara ha organizzato presso la Sala della Musica in città.. In qualità di oratore, ha tenuto una conversazione dal titolo ‘Giovani, preziosi perché fragili’. Il Serra Club Ferrara ha vissuto un momento veramente molto bello ed importante, anche perché mai si erano visti ai nostri incontri tanti giovani, fra cui molti seminaristi. Questo, nell’anno in cui il Serra ha dedicato proprio a loro il tema: “Nuovi linguaggi e nuovi gesti, credibili, concreti, per chiamanti e chiamati: il servizio del Serra a favore delle vocazioni”.

Questa conferenza/lezione ha destato grande interesse soprattutto per la capacità di trasmettere il pensiero del relatore. Don Valentino Salvoldi è stato missionario per più di quaranta anni in oltre trenta paesi del mondo ed incaricato, dalla Congregazione per l’evangelizzazione dei popoli ed in qualità di “professore visitatore”, di formare i formatori del clero delle giovani Chiese (Africa e Asia). Ha creato attorno a sé un vasto movimento di solidarietà con i popoli del sud del mondo ed ha fondato “Shalom”, un’organizzazione non lucrativa avente come finalità la crescita morale e culturale dei giovani in Italia e nei paesi impoveriti. E’ autore di numerosi libri, scritti con stile semplice e tradotti in molte lingue, che nascono dalla vita e tornano tra la gente per dare speranza, per rendere il mondo più giusto e fraterno, più vicino al regno del Dio fatto Uomo.

In occasione della sua visita a Ferrara ed a seguito della sua Conferenza, fra noi serrani e Don Valentino Salvoldi è nata una sincera amicizia, grazie alla quale ci manteniamo in contatto. In occasione del cinquantesimo della sua ordinazione sacerdotale (18 marzo 2020) e in considerazione dei tempi difficili in cui tutti noi ci troviamo a vivere, ha voluto inviarci un breve messaggio ricco di riflessioni teologiche-spirituali, frutto della sua esperienza missionaria così complessa ed importante. Come Serrani, abbiamo voluto condividerlo con voi e lo trovate qui di seguito.

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Carissimi Serrani, familiari e amici, shalom!

Giunga a voi l’augurio di pace con la benedizione del Signore, in queste giornate in cui viviamo la quaresima nel deserto dei rapporti sociali e nella primaverile intimità della nostra famiglia. Celebrando da giorni la santa messa in casa, ho tanto tempo per iniziare l’Eucaristia al mattino e terminarla di notte. Ho la gioia di mandare a tutti onde d’amore – e questo è il volto più bello della preghiera – nella speranza che anche voi mi ricordiate al Padre. Egli benedica tutti noi e quanti amiamo.

Ricorrendo il 18 marzo il cinquantesimo anniversario della mia ordinazione sacerdotale, vi vorrei coinvolgere nel ringraziare il Signore per la misericordia che ha avuto nei miei confronti e nel chiedervi di intensificare le vostre preghiere per me, affinché gli sia fedele fino alla fine ed Egli possa ancora – come più gli è gradito – aiutarmi nel mio ministero sacerdotale.

Sono appena tornato dal Burundi e, parlando ai sacerdoti, anche lì ho proposto questa immagine del ministro consacrato:

Il prete ….. lo fa sublime la sua originaria scelta di essere un dono per tutti; la sua consacrazione alla felicità umana; la sua determinazione a essere l’uomo di tutti e per tutti ministro di pace, plenipotenziario del Principe della pace; la sua coscienza che farsi sacerdote «non significa mettersi una divisa fuori, ma un tormento dentro» (F. Boy), accettando di diventare «il ministro della pazienza di Dio» (B. Marshall), disposto a essere «il più amato e il più odiato degli uomini, il più incarnato e il più trascendente, il fratello più vicino e l’unico avversario» (E. Suhard). E la sua grandezza consiste nel «lusso di poter amare tutti» (P. Teilhard de Chardin).

È un uomo che rinuncia a fare l’amore per essere amore, ministro di un Dio che si definisce Amore.

Non una divisa fuori, ma un tormento dentro. Il tormento di non essere ancora santo dopo tutte le messe celebrate ogni giorno. Il tormento di non riuscire a far comprendere quanta gioia ci possa essere nel portare con dignità la propria croce. Il tormento di non riuscire a far sentire a tanti giovani anche solo la nostalgia di Dio. Il tormento di sapere che miliardi di persone non conoscono ancora il suo volto che è Amore, Tenerezza, Misericordia. Il tormento di aver deluso delle aspettative di chi mi avrebbe voluto più vicino e di chi – soprattutto in Africa – si sarebbe aspettato da me tanti aiuti materiali, per continuare a sperare …..

Grazie a Dio, però, il tormento non cancella la gioia di sapere che il mondo è salvato da Dio, che qualche cosa ho seminato e che ….. ho conservato la fede ! La gioia di sapere che tanti amici continueranno a starmi accanto come Aronne e Cur facevano con Mosè, tenendogli le braccia alzate al cielo,  perché non si stancasse di pregare. Amici che si trasfigurino pregando, come ci diceva il Vangelo di domenica scorsa (la trasfigurazione: Matteo 17,1-9), meditando il quale ho pensato particolarmente ai miei primi tre anni di sacerdozio.

Prima di partire per l’Africa – durante l’estate – spesso salivo con un gruppo di amici, in silenzio, un’alta montagna dolomitica: la Presolana, in provincia di Bergamo. A ogni pausa veniva letto un brano biblico e meditato personalmente. Si comunicavano poi le idee più belle e incoraggianti, per dare speranza all’impegno socio-politico-religioso dell’inizio degli anni Settanta. Sulla vetta facevamo l’offertorio, formulavamo preghiere spontanee ed esprimevamo la nostra confessione di lode, di vita e di fede. Al tramonto consacravo il pane e il vino, ricevuti da tutti con riconoscente amore a quel Dio che era percepibile nei nostri sguardi, trasfigurati dalla Bellezza. Attorno a noi tante stelle alpine che non nascono nelle paludi: sono il dono riservato ai ricercatori del silenzio. A noi che, vinti dalla forza di gravità celeste, facevamo nostro il respiro di Dio.

Sono passati cinquant’anni da allora e un’amica mi scrive: «Riesco, sia pure a fatica, a credere ancora in Dio in virtù di quell’esperienza di fede che abbiamo vissuto durante quelle tre estati in Presolana». E anch’io, dopo aver attraversato tante “paludi” negli angoli più impoveriti della terra, dopo tante ingiustizie toccate con mano in Asia e in tutta l’Africa subsahariana (i bambini morti per fame e le guerre) giungo alla medesima conclusione: l’esperienza di Dio – quella notte al cimitero, a ventitré anni, davanti alla tomba di mia sorella Elisa – e quelle giornate consacrate all’Eucaristia, in montagna, quando il pregare era una festa, mi hanno più volte permesso di ripetere: «Signore, non ti vedo, non ti sento, non ti capisco ….. ma ti do credito perché ti ho incontrato. Perché mi hai sedotto, attratto nella forza di gravità celeste».

Con questi sentimenti, continuando in queste giornate a celebrare messe in casa senza calcolare il tempo, rinnovo la mia richiesta di ricordarmi al Padre, perché la sua volontà sia la mia pace. Prego per voi perché, se non ho potuto starvi vicino fisicamente, mi sentiate vicino con il mio riconoscente affetto, la mia preghiera e la benedizione del Signore. Prego perché di me ricordiate solo le cose belle, perché conserviate la fede, perché possiate ancora vivere esperienze collettive di una preghiera non formale, ripetitiva e teatrale, ma essenziale, nuova e mistica. Prego perché le nostre celebrazioni eucaristiche non siano una rappresentazione, ma un “memoriale”, cioè non un semplice ricordo della morte e risurrezione di Cristo, ma una attualizzazione del Mistero. Allora ci verrà spontaneo, dopo la Comunione, ripetere: «Signore, è bello per noi essere qui !» mentre, assieme all’evangelista Giovanni, professiamo la nostra fede: «….. E noi abbiamo creduto nell’Amore».

Valentino Salvoldi

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Don Valentino Salvoldi ha voluto allegare al messaggio riportato sopra, il contenuto di uno dei suoi ultimi libri, già pubblicati a suo nome, dal titolo ‘IL MIO NOME E’ … Via cruis, lucis et Matris’, 2019. Dalla prefazione dell’Arcivescovo Giovanni Tonucci: “… Io, Giovanni, con il mio fardello di storia personale – grazie ricevute, debolezze e peccati, poche occasioni di bene accolte e tante perdute – , mi avvio a percorrere i diversi itinerari di fede che ci portano a seguire i passi di Gesù, di Maria e della Chiesa nascente. Il mio nome è Giovanni. Mi metto in cammino e mi unisco a tanti che, ciascuno con il proprio nome e la propria storia personale, si preparano a vivere insieme con me questa esperienza di amore. …. Incontrare Cristo, seguire Maria, vivere la Chiesa: sono momenti che descrivono il nostro cammino di fede e ci stimolano a rinnovare continuamente la nostra conversione, nella scoperta dell’amore misericordioso del Padre. Lui solo, il Padre, senza nome: ma vicino a ciascuno di noi, che egli conosce, riconosce e chiama per nome. Ascoltiamone la voce e, attraverso il pellegrinaggio di fede, apriamo il cuore ad accoglierne l’abbraccio di amore …”.

Questo libro contiene preghiere e riflessioni spirituali di grande aiuto che vorremmo consigliare, soprattutto in un momento così difficile per tutti.

Ringraziando Don Valentino Salvoldi per il regalo che ci ha fatto, ricambiamo le sue preghiere rivolte a tutti noi, con la certezza di poterlo avere, presto e di nuovo, a Ferrara per un’altra occasione.

A voi un augurio di buona lettura da parte di tutti gli amici del Serra Club Ferrara e che la preghiera al Signore ci aiuti a superare questo momento e ci tenga sempre uniti.

 

Giuseppe Miccoli

Serra Club Ferrara