Club Genova Nervi. Passaggio di consegne e riflessione sulla “Christus vivit”

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L’incontro conclusivo del Genova Nervi è stata l’occasione per il passaggio di consegne tra la Presidente uscente, Gabriella Mazè, e quello subentrante, Giacomo Righi.

Come da tradizione il Club ha invitato, all’incontro di fine anno, il Preside della locale Facoltà di Teologia, don Davide Bernini. E pure quest’anno i Serrani hanno apprezzato la sua  profonda preparazione biblica e la capacità di sintetizzare i contenuti di un documento articolato come la Christus vivit . Si tratta dell’ esortazione apostolica che, dopo il Sinodo di ottobre,  il Papa ha rivolto ai giovani e al popolo di Dio (la riflessione sui giovani interpella anche gli adulti).

Don Davide ha preliminarmente richiamato l’episodio del giovane ricco, che vuol conoscere Gesù. L’evangelista Marco riferisce un particolare che gli altri due vangeli sinottici non riportano: quando il giovane assicura di aver sempre osservato  i comandamenti, “ allora Gesù, fissatolo, lo amò….“ (Mc 10,21). Il resto dell’episodio, invece, è riferito in modo simile in Matteo e in Luca.

Con sottile analisi psicologica, il relatore ha rimarcato che il testo coglie l’entusiasmo del giovane:“Mentre usciva,  … un tale gli corse incontro e gettandosi in ginocchio davanti a lui, gli domandò: …”  (Mc10,17). Marco sembra suggerire che il giovane ha desideri e passioni, sa sognare e ha un obiettivo molto alto: la vita eterna, che non è solo il superamento della barriera della morte, ma include il concetto di vita in pienezza, cioè che riempie e da’ gusto alla nostra esistenza.

Gesù gli propone subito l’ambito etico, richiamando il decalogo (“non uccidere, non commettere adulterio, …”). E aggiunge il comandamento di non frodare, forse per sottolineare che i pubblicani, nell’esigere tasse onerose, frodavano la gente. C’è poi la curiosa omissione dei primi tre comandamenti. Il percorso etico, ha notato il relatore, non ha una connotazione confessionale: anche persone e gruppi non cristiani si impegnano nel volontariato e si comportano in modo onesto.

Ma l’orizzonte etico non basta. Il giovane, pur essendosi sempre comportato in modo corretto, non si sente appagato. “E allora Gesù, fissatolo, lo amò”:  in realtà il giovane è amato prima che risponda al programma radicale che Gesù gli propone. Quindi, non in quanto ha iniziato a seguirlo.  E’ un amore che precede l’eventuale risposta positiva e mette in conto la delusione del rifiuto.

Gesù, dicevamo,  non richiama esplicitamente il  primo comandamento (“amerai dunque il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore,  …”, Mc 12,30), ma, dopo aver fissato e amato in quel modo il giovane  ricco, gli dice “Una sola cosa ti manca: va’, vendi quello che hai e dallo ai poveri e avrai un tesoro in cielo; poi vieni e seguimi” . Nella sequela di Gesù è riassunto il comandamento dell’amore. Ma l’esito dell’invito è deludente (unico caso, nel vangelo, di mancata sequela): avendo molti beni, il giovane si rattristò per quelle parole e “se ne andò afflitto” (Mc 10, 21-22).

Pur avendo alte aspirazioni, quindi, il giovane ricco evidenzia l’incapacità di distaccarsi dai beni materiali.  Anche oggi in molti giovani constatiamo delle tristezze, causate dalle loro fragilità. Gesù non ha lanciato un’invettiva contro la ricchezza e, d’altra parte, di per sé  la miseria non è un valore. Se mai, il rischio è quello dell’autosufficienza, cioè credere di non avere bisogno né di Dio, né degli altri. Ma quando i discepoli chiedono chi potrà salvarsi se la ricchezza implica il rischio di perdersi,  “Gesù, guardandoli, disse: impossibile presso gli uomini, ma non  presso Dio!” (Mc 10, 27).

La salvezza non è conquista, ricompensa, ma gratuità, che ricevo affidandomi. C’è il rischio della solitudine, invece, se mi arrocco (mi chiudo in camera) e ho paura di investire con gli altri.  Gesù accetta la sfida della mia libertà, il rischio che non lo segua. E tuttavia sant’Agostino, commentando quel rifiuto, ipotizzò che, dopo sofferta riflessione, il giovane abbia seguito Gesù..

Passando all’esortazione apostolica, don Bernini ha osservato che l’incipit (Christus vivit) richiama l’Exultet[1], il canto della Veglia pasquale nel quale viene proclamato che Christus vivit, in quanto “Cristo è risorto”. E’ ciò che viene detto alle donne che vanno al sepolcro a profumare il suo corpo: “Perché cercate tra i morti colui che è vivo? Non è qui, è risuscitato” (Lc 24, 5-6).

Riaffermando in modo netto che Christus vivit,  Francesco rimarca che Gesù non è una figura del passato, magari un maestro capace di segnare la nostra esistenza. Né può essere ridotto a un mero esempio, a un modello. Egli è molto di più, è l’Incontro vivo: “Lui vive e ti vuole vivo” (n.1).

Il documento pontificio è indirizzato ai giovani (non solo a quelli degli oratori), ma merita di essere letto da tutti. La giovinezza  non è un Assoluto, ma un orizzonte da avere nel cuore, un periodo da vivere in modo ricco: “Voi siete l’adesso di Dio”  titola il capitolo terzo: i giovani non sono “il futuro del mondo: sono il presente, lo stanno arricchendo con il loro contributo” (n. 64).

Non dovete crogiolarvi nel giovanilismo (segno di immaturità), aggiunge il Papa. A questo adesso che bussa alla porta,  devi saper rispondere, valorizzando la chiamata di Dio. E sapendo che sei nato come originale, ma rischi di finire la vita da fotocopia. Come ha rilevato  Jacques Maritain, il grande filosofo francese molto stimato da Paolo VI, l’uomo tende a chiedersi: Chi sono? .  Ma la domanda giusta, che supera l’individualismo e allarga l’orizzonte della vita, è: Per Chi sono?

Nel libro Le paysan de la Garonne, Maritain sottolinea che la prima constatazione, anche da parte dell’uomo più laicista, è che “la vita non me la do!”, ma viene da Qualcun altro. E per continuare la vita che ha ricevuto, il bambino ha bisogno che qualcuno si occupi di lui (i genitori, di norma). Con l’età della ragione, dovrebbe poi imparare a chiedersi “per Chi sono io?”.

E’ la spiritualità di sant’Ignazio, cara al papa gesuita: in essa ha grande rilievo il discernimento, grazie al confronto con gli altri, ma anche la solitudine e il silenzio, ormai così faticosi da raggiungere. Il confronto, oggi, è virtuale, non diretto, mediato da mail e social media  (Facebook): la dimensione del silenzio viene così eliminata. Nei luoghi di socializzazione, ad esempio in autobus, troviamo giovani che non parlano mai, ma sono assorti e rapiti davanti al cellulare.

Nel cap. 6 (Giovani con radici), Francesco evoca l’immagine dell’albero giovane che, se non ha salde radici, rischia di più rispetto agli alberi maturi (e radicati). Il testo non è un manuale di pastorale giovanile, ma  sottolinea l’esigenza di una comunità che aiuti a scoprire le radici, cioè sappia mostrare al giovane che non è lui a vivere per primo, ma è un continuatore.

Al fine di mostrare il percorso più adatto per la crescita, vengono suggeriti, non solo i consueti momenti formativi, ma incontri di ascolto e di preghiera. Tutto ciò può essere decisivo per  condurre il giovane a Cristo e alla Chiesa. (n. 207), con un cammino da fare insieme. La stessa Christus vivit è frutto della lunga preparazione del Sinodo dei giovani e dei suoi successivi sviluppi.

Nel cap. 8 (La vocazione), il Papa  si sofferma sulle vocazioni a una consacrazione speciale. L’incontro personale è il più fecondo, ma la comunità dei giovani può ampliare l’orizzonte (non basta il prete amico e la catechesi ufficiale). Il Papa parla con cuore di padre, che infonde fiducia: non è ottimismo buonista, ma desiderio di sostenere i giovani nei loro sogni e ricerche (di senso).

 

Sergio Borrelli

[1] Come è noto, l’ Exultet  proclama la vittoria (simbolizzata dal cero pasquale) della luce sulle tenebre, cioè annunzia la Risurrezione. Iniziando con questo verbo, il canto invita a esultare per il compimento del mistero della salvezza.