Quando si parla della Chiesa in Bulgaria e in Macedonia, per capirne il contesto è inevitabile rievocare il passato che ha segnato la storia non molto lontana dei due Paesi balcanici, caratterizzata dai rigori di un regime che non poteva accettare la libertà di pensiero, dalla distruzione delle strutture ecclesiastiche e dal divieto di ogni forma di apostolato. “Abbiamo vissuto un duro periodo ateista” ha detto Mons. Christo Proykov, esarca apostolico di Sofia e presidente della Conferenza episcopale della Bulgaria. “Siamo partiti da zero, dovevamo ricostruire le strutture e piano piano sono arrivate le nuove vocazioni al sacerdozio e alla vita consacrata”.
Anche se numericamente si tratta di realtà piccole, con 70mila fedeli in Bulgaria e 20mila in Macedonia, il viaggio di Papa Francesco in questi due Paesi, dal 5 al 7 maggio, è stato particolarmente significativo per i diversi temi affrontati di fronte a fedeli entusiasti, con un peculiare riferimento a quello migranti a Sofia e all’ascolto del grido dei poveri e degli ultimi a Skopje.
La suggestiva cerimonia della celebrazione della Messa con la somministrazione delle prime comunioni a 245 bambini e bambine in tunica bianca e la commovente visita del Santo Padre al Centro di Vrazhdebna, zona periferica della capitale bulgara, hanno avuto vasta eco sui mezzi di informazione di tutto il mondo. Questo ex edificio scolastico, attualmente adibito a centro di accoglienza e di integrazione profughi, è stato il luogo di incontro dove il Papa ha salutato le famiglie ospiti provenienti da Siria e Iraq con queste significative parole: “Oggi il mondo dei migranti e dei rifugiati è un po’ una croce, una croce dell’umanità, è la croce di tanta gente che soffre”. Un tema già affrontato in precedenza da Papa Francesco nel discorso rivolto alle autorità e alla società civile alla presenza del Presidente della Repubblica bulgara, Rumen Radev: “A voi che conoscete il dramma dell’immigrazione, mi permetto di suggerire di non chiudere gli occhi, di non chiudere il cuore e di non chiudere la mano a chi bussa la vostra porta”.
La visita a Skopie, nella Macedonia del Nord, nel segno di Madre Teresa di Calcutta che proprio nella capitale macedone ebbe i natali il 26 agosto 1910, ha consentito a Papa Francesco di ricordare la santità di questa suora missionaria che si è dedicata intensamente ai poveri e che “mossa dall’amore di Dio ha fatto della carità verso il prossimo la suprema legge della sua esistenza”. Nell’omelia della celebrazione eucaristica, Papa Francesco prendendo spunto dal versetto di Giovanni: “Chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete”, rafforza questo pensiero per esortare i fedeli ad avere “fame di pane, fame di fraternità, fame di Dio”. Ed indica l’esempio: “Come conosceva tutto bene questo Madre Teresa che ha voluto fondare la sua vita su due pilastri: Gesù incarnato nell’Eucarestia e Gesù incarnato nei poveri”. Dopo la vista al Memoriale di Madre Teresa, molto toccante l’incontro con 100 poveri, che sono assistiti dalle suore missionarie della carità, con le testimonianze delle tante persone afflitte dalla povertà. Da qui l’invocazione del Papa perché Santa Madre Teresa interceda presso Gesù “affinché anche noi otteniamo la grazia di essere vigili e attenti al grido dei poveri, di coloro che sono privati dei loro diritti, degli ammalati, degli emarginati, degli ultimi”.

Cosimo Lasorsa