FEDELTA’ E CAMBIAMENTO

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Papa Francesco ha detto che la nostra fede non è una fede-laboratorio, ma una fede-cammino, che si manifesta progressivamente: Dio lo si incontra camminando.

È l’esperienza di tante vocazioni che si sono orientate al presbiterato per motivi molto terra-terra. Ma poi, camminando, hanno incontrato Gesù Cristo e si sono sentiti «creature nuove», come scrive S. Paolo: «Se uno è in Cristo, è una creatura nuova; le cose vecchie sono passate, ecco ne sono nate di nuove» (2Cor 5,17).

Per aiutare quanti attualmente hanno l’impressione che novità significhi tradimento, vorrei proporre alcune riflessioni partendo dall’esperienza di un Santo, in questo caso S. Vincenzo de’ Paoli (Vincent Depaul: 1581-1660), proprio in relazione ai seminari.

Tutti sappiamo che il decreto del concilio di Trento sulla formazione dei candidati al presbiterato comincia con le parole: Cum adolescentium aetas (can. 18: COD 750-753).

L’idea tridentina era: per formare bisogna prevenire. Prendiamo dunque i candidati fra gli adolescenti, prima che siano guastati stando nel mondo.

Vincenzo aveva alle spalle un’esperienza di vita tutt’altro che monastica. Era stato anzi schiavo in Tunisia e aveva conosciuto tutte le tragedie di un secolo definito «il grande secolo», ma che di grande aveva solo grandi guerre, grande freddo, grandi crudeltà e grande presunzione.

Impegnato a fondare i seminari in Francia, quasi cent’anni dopo i primi seminari italiani, in una lettera scrisse: «L’ordinanza del Concilio deve essere rispettata come proveniente dallo Spirito Santo. L’esperienza tuttavia dimostra che nel modo in cui lo si applica in relazione all’età dei seminaristi, non funziona, né in Italia, né in Francia: alcuni si ritirano prima del tempo, altri non hanno inclinazione allo stato ecclesiastico, altri si ritirano nelle comunità, ed altri scappano dai luoghi nei quali hanno obbligo di risiedere per la loro formazione e preferiscono cercare fortuna altrove. Ci sono quattro seminari nel regno: a Bordeaux, a Reims, a Rouen, e prima di questi ad Agen. Nessuna di queste diocesi ottiene buoni risultati; e temo che, tranne Milano e Roma, le cose stiano allo stesso modo anche in Italia. Ben altra cosa è prendere i seminaristi all’età di venti fino a venticinque o trent’anni. Ne abbiamo ventidue nel nostro seminario per adolescenti ai Bons Enfants e tra loro, nonostante tutte le cure a loro riservate, non ce ne sono che tre o quattro passabili, sui quali si possa sperare che perseverino. Da questo fatto ho motivo di dubitare, per non dire che la conseguenza è verosimile, che il progetto non riesca come ci aspettiamo» (SV II, 459).

Non a caso il santo è contemporaneo di uomini votati all’esperienza come Galileo, Cartesio, Pascal, Newton. La Francia puntò tutto sui seminari maggiori (grands séminaires). Fu la carta vincente.

La sua fede gli fece scoprire che lo Spirito Santo parla anche negli eventi. Per questo non dobbiamo essere custodi di ceneri, ma dobbiamo camminare con la Chiesa sulla barca di Pietro e scoprire che la rotta verso Dio alla luce delle stelle comporta anche il cambiamento.

padre Luigi Mezzadri C. M.